NABUCCO al Teatro Massimo di Palermo – Recensione

Di Natalia Di Bartolo. Uno spettacolo nel vero senso della parola, successo meritato per un allestimento di grande godibilità – Sul Podio il M° Lanzillotta.


In scena al Teatro Massimo di Palermo, il 23 ottobre 2022 un Nabucco che era stato rimandato dal 2020 per le note vicende della pandemia.

E’ una gioia ritrovarsi di nuovo a teatro ed assistere anche e soprattutto ad uno spettacolo degno di questo nome. Il capolavoro verdiano, infatti, è stato realizzato dal Teatro Massimo in coproduzione col Teatro Regio di Torino, con dovizia di mezzi e scelta appropriata di direzione e voci.

Il Maestro Francesco Lanzillotta ha “tenuto” l’operona verdiana con polso fermo e buon gusto. Il giovane direttore ha mantenuto tempi e dinamiche “canonici”, ma non per questo facili da raggiungere. Ottima l’Orchestra del Teatro Massimo, che l’ha seguito con estrema attenzione e con il risultato di un amalgama di effetto grandioso ma non roboante. Il che è il meglio ma che, si ripete, non sempre si riesce ad ottenere. Dunque, sia lode al Direttore d’orchestra che ha dato anche un ottimo supporto agli interpreti in scena.

Nel ruolo eponimo il baritono Roman Burdenko, voce decisamente interessante, ricca di sfumature e piena e corposa. Finalmente un Nabucco che non si regga sulle stampelle per la vecchiaia o un giovanotto di belle speranze. Il Burdenko sapeva bene il fatto suo e lo ha dimostrato ampiamente. Ci si augura di rivederlo e riascoltarlo presto in altri ruoli.

Parlando di Nabucco, il primo personaggio che venga in mente, più che il protagonista, è la primadonna: Abigaille, con la sua parte improba ed a tratti quasi inarrivabile per difficoltà tecnica, soprattutto di emissione e proiezione, per l’ascesa e la discesa continua dai gravi agli acuti e viceversa. Una gran voce quella di Ewa Płonka, che si è saputa immedesimare nel ruolo anche da punto di vista drammaturgico, ma interessante soprattutto per la vocalità, con un taglio acuto squillante e penetrante, a tratti talmente sfrenato da non riuscire a contenere alcune sfumature tecniche, in particolare nella cabaletta “Salgo già del trono aurato”, ma comunque di pregio e che andrebbe ripreso e limato a dovere, certamente con un risultato fuori dal comune. L’artista ha un carattere evidente e assolutamente dominante e lo si è visto con chiarezza, riconoscendo in lei anche momenti espressivi e di emissione che ricordavano Lady Macbeth, ruolo per il quale sembra essere forgiata su misura.

Nel ruolo di Fenena il soprano Silvia Beltrami, che si è perfettamente inserita nella parte e che ha dato prova di adeguatezza al ruolo.

Luca Tittoto era Zaccaria, basso che nella compagine del cast risultava un punto un po’ debole per emissione e proiezione, nonostante l’impegno profuso ed il Maestro Lanzillotta che lo seguiva con estrema attenzione e viceversa. Vocalmente non abbastanza robusto né particolarmente adatto al ruolo, che pretende un interprete di grande spessore, sia vocale che interpretativo, ha comunque ben figurato anch’egli nei concertati, che sono stati di ottimo effetto complessivo.

Un po’ acerbo l’Ismaele di Vincenzo Costanzo, ma ben piantato al proprio posto e nel proprio ruolo; Corretti anche tutti gli altri interpreti e squillante il Coro diretto dal M° Salvatore Punturo. Forse un po’ troppo forte a tratti, ma comunque compatto ed efficace, anche nel celeberrimo “Va pensiero”.

La regia era curata da Andrea Cigni, una volta tanto senza stravolgere nulla, ma conferendo una certa staticità alle masse, alla quale non siamo più abituati. Una regia “tradizionale”, che ogni tanto, di questi tempi, non guasta, supportata dai bellissimi costumi di Tommaso Lagattolla, che anche attribuivano ad Abigaille una testa rasata a metà, simile a quella che è stata resa celebre dalla regina Elisabetta I, forse nell’intento di evocare un richiamo al potere femminile, che nei secoli ha sempre animato e a volte sconvolto la Storia.

Cigni ha anche sottolineato non solo i dati complessivi della vicenda di lotta e divergenza fra popoli, ma anche quella di lotta e divergenza familiare, tra il padre e le due sorelle e tra le sorelle fra di loro. Punto di vista che anche questo non guasta, poiché ormai questi personaggi sono stigmatizzati nel loro ruoli e restituire loro un po’ di umanità e di sentimenti è un dato da apprezzare.

Curatissime le luci di Fiammetta Baldisseri, riprese da Gianni Bertoli, nelle scene spoglie ma d’effetto di Dario Gessati.

Vivo apprezzamento da parte del pubblico; e sinceramente anche sentire gli applausi, il chiacchiericcio e i commenti degli spettatori dal vivo è un bel tornare finalmente a teatro.

Natalia Di Bartolo ©

Foto  Rosellina Garbo ©