によって この動詞は Neco – シモーネ・ミグリオリーニのために書かれ、オリジナル音楽はエリック・ブルトンで、ヴォルテッラ劇場国際フェスティバルで世界初演されました。
Parlare di teatro è cosa comune. Molti ne parlano, molti ne scrivono, molti che lo ”fanno” lo praticano, a volte senza troppo starci a riflettere sù. Ma se il Teatro in persona potesse parlare, cosa direbbe?
Se lo è chiesto la musicologa e drammaturga Natalia Di Bartolo. Un’idea originale quella di ”personificare” il Teatro, facendo sì che si potesse esprimere in prima persona. E, come è opportuno che fosse, lo facesse in versi e parlasse con la voce autorevole di Simone Migliorini, attore e regista volterrano, ideatore e Patron di quel Festival Internazionale del Teatro Romano di Volterra, che, giunto quest’anno alla XXII edizione, ha inserito l’opera teatrale di cui si tratta in Cartellone.
Dunque, il 26 luglio 2024, sotto il ”cielo di velluto” (per dirla con il testo), della splendida cornice archeologica del Teatro Romano di Volterra e delle adiacenti Terme, il Teatro, che è ”verso, afflato e canto”, come recita il sottotitolo del Festival, ha parlato. Ma non solo: il grande Teatro non è soltanto poesia, ma anche musica, danza, pensiero, protesta, espressione, colore, sentimento comune: ogni sfaccettatura dell’Arte, ogni umana scintilla lo coinvolge, lo chiama a rispondere in prima persona. E, per la prima volta in persona sul palcoscenico, il Teatro, l’Incantatore supremo dell’umanità, si è espresso.
Con la musica, a sua volta d’incanto, del compositore francese Eric Breton, eseguita al pianoforte dal vivo dall’autore e interpretata, nei momenti cruciali e nel personaggio della strega Zoe, dalla splendida voce del soprano franco-spagnolo Lydia Mayo, l’Incantatore-Teatro-Migliorini, per il quale espressamente la Di Bartolo ha scritto lo spettacolo, ha dato vita ad un personaggio sofferto e sofferente, che si è espresso con sincerità e verosimiglianza, delineando un autoritratto-racconto di ancestrale potenza e di sottesa denuncia.
La resa artistica complessiva è stata di grande suggestione, anche perché l’atmosfera irreale era accentuata dai fili di fumo di fiammelle sul proscenio, che evocavano l’antica illuminazione del palcoscenico.
La musica del M° Eric Breton era un filo conduttore di un’eleganza sofisticata, pregna di evocazioni e di echi non solo della grande musica francese e di quella tedesca, che egli ama particolarmente, ma anche di suggestioni che ricordavano il Puccini più raffinato, quello de ”Il tabarro” o de ”La fanciulla del West”. Tocco magico sulla tastiera, da virtuoso, il tocco del Breton, lieve e intenso, sentito ed espressivo, che si è dipanato lungo tutto lo svolgimento dello spettacolo, fondendosi mirabilmente anche con i respiri della poesia.
Quanto alla voce ”parlata” e quella ”cantata’, si sono raggiunti un equilibrio ed un punto di fusione e di dialogo fra le due, poiché entrambe ”le voci” erano affidate a due gran professionisti del ”悲惨な” との、 ”cantare”.
E, se Simone Migliorini, anche regista dello spettacolo, ha saputo dare, come prima accennato, all’Incantatore-Teatro voce autorevole e sofferta, modulata e coinvolgente, il soprano Lydia Mayo, d’impostazione e proiezione ragguardevoli, ha evocato, anche con bellissimi vocalizzi, l’atmosfera oscura e tempestosa del prologo e del finale; e ha dato vita ad una strega Zoe che dialogava cantando con la voce parlata del protagonista, su una tessitura musicale difficilissima e di rara, classica modernità, con capacità vocali e consumata arte scenica all’altezza di scolpire a tutto tondo il personaggio che adombrava la Vita reale (Zoe, in greco antico, significa ”vita”), in eterno, drammatico contrasto tra verità e finzione, mondo reale e palcoscenico.
Nello sfondo, la danzatrice Eleonora Ferrari, come un elegante spiritello della terra e come eco dell’Incantatore, ha collegato al mondo del teatro e della vita anche la danza, il movimento, che ne sono parti integranti: l’Arte nell’Arte.
Originalissima e del tutto particolare nella scrittura, destinata sia al canto che alla recitazione, l’opera teatrale scaturita dai versi della Di Bartolo non può avere una ”classificazione” di accezione comune: non è un ”poema”, come è stata definita, nè un’opera lirica, nè un monologo per attore fine dicitore, nè un’espressione coreutica, data la presenza in scena della danzatrice: è un personalissimo mix pluridisciplinare che fa sì che del Teatro, delle sue origini, delle sue sorti passate, presenti e future si delinei un ritratto in prima persona tutt’altro che languidamente poetico, bensì rabbioso, quasi violento nel definire la vita umana e nell’auto-definirsi.
Ambientata in un futuro ipotetico, in realtà l’opera teatrale in questione è estremamente attuale e, con la presenza metaforica della strega Zoe, che presuntuosamente vorrebbe definirsi anch’essa ”incantatrice”, e che induce il Teatro a raccontarsi, ma anche a denunciare incuria, abbandono, distorsioni, defezioni che nel passato e nel presente lo hanno offeso, ferito, quasi indotto a rimanere in abbandono, tanto da indurlo a ritirarsi fra i suoi magici inchiostri colorati ed i suoi infiniti volumi zeppi di scritti a lui dedicati, in una solitudine silenziosa di estrema sofferenza, a pensare addirittura di non volere più esistere.
Ma il Teatro è millenario, ha attraversato i secoli tra glorie e disfatte, non si arrende: lo deve a se stesso, al proprio palcoscenico eterno, ma soprattutto al proprio pubblico…Ed alla fine decide di rimanere, appellandosi proprio a quel pubblico che a volte lo ha addirittura abbandonato, con una domanda disperata e infinita: ”Mi amate ancora?”
Gli applausi proprio di quel pubblico, coinvolto dall”’incanto”, a volte criptico, ma alla fine dichiarato, sono stati la degna risposta. Molto apprezzati gli interpreti e altrettanto applaudita l’autrice, presente alla prima Volterrana.
この動詞は Neco
Foto Sauro Gennai e Leonardo Impellizzeri, Associazione Fotografica GIAN Volterra