によって ナタリア ・ ディ ・ バルトーロ – カプレットとモンテッキと” ディベリーニ、私たちは今日のオペラシアターの状況に微笑んでいます(しかしあまり多くはありません)。
Lo spettatore esigente è diventato distratto. Sarà l’età che avanza, sarà il mal di schiena a via di stare seduto sulla poltroncina del soggiorno ad ascoltare vinili e CD nostalgici anni ’90, ma capita che si perda anche gli avvisi del calendario del cellulare, che invano lo avvertono degli eventi memorizzati. A volte si scorda pure di memorizzarli, il che è proprio la spia più preoccupante dell’incipiente senilità…E giusto questa volta si accorge sui social, all’ultimo minuto, di stare per perdersi una recita, in accredito richiesto per la prestigiosa rivista “Quinte e Fondali” di cui è redattore ormai da anni, de “私プレーティ e は私 Montecchi” di Vincenzo Bellini al vicino, ma non troppo, Gran Teatro dell’Opera di Sottomonte di Sopra, difficile da raggiungere così in fretta da Sopramonte di Sotto, dove risiede, se non in dispendiosissimo taxi, sempre che gli rispondano dal centralino perché nessuno li chiama più, non potendoseli permettere.
Dunque, decide di ricorrere all’espediente più logico accessibile: il “viaggio pindarico”, metodo di spostamento inconfessato anche di molti suoi colleghi , economico, veloce in tempo reale, comodo e che consente pure di mettersi il cuscino a fiori del soggiorno dietro la schiena per l’intero spettacolo: la recita andrà in diretta su una tv locale e, sia pure alla tv, la sua esperienza cinquantennale non fallirà nell’ascolto di mirabilie o svarioni vari. A differenza di molti suoi colleghi, li distingue e rileva ormai perfettamente, essendosi bilanciato il suo apparato uditivo alle casse anni ’80 che ha collegato al televisore e che gli danno una resa, a suo dire, perfetta, come fosse in prima fila. Perdere l’opera di Bellini? Giammai! Se non altro per il titolo, perché poco rappresentato, perché adorato, perché capolavoro del Bel Canto belliniano, a parte le spiegazioni eventualmente dovute alla redazione per la mancata recensione, come sempre scritta in esclusiva a titolo gratuito.
Lo spettatore prende dunque posto nell’ormai consunta poltroncina, si precipita ad accendere le apparecchiature altamente tecnologiche di cui dispone, apre le orecchie, che sono il suo patrimonio più prezioso di collegamento al WiFi di casa e…torna indietro col video perchè è arrivato tardi e si è perso l’inizio. Ringrazia allora i moderni mezzi dello streaming che non solo consentono di essere presente da qualsivoglia collocazione dell’orbe terracqueo, ma che hanno il potere di dominare il tempo e lo spazio. Nel tornare indietro, però, si accorge subito di una scenografia assurda, ma si ferma solo dopo aver afferrato all’indietro il Maestro, che nel frattempo ha proseguito a dirigere la sinfonia come una marcetta. Il sipario, in differita, questa volta si apre a tempo debito e lo spettatore si sente sparare in fronte ben chiara l’appena intravista ambientazione contemporanea.
Abituato a stranezze anche peggiori, pur non tollerando fin dall’inizio di sentirsi allo stadio con le sciarpe delle due famiglie veronesi su cui campeggiano i cognomi rispettivi “Capuleti” と “Montecchi”, al collo dei protagonisti e del Coro, come fosse il derby Roma-Lazio, inizia ad ascoltare col fiato sospeso…
Come sarà Giulietta, che aveva prima intravisto muoversi all’indietro, immersa nel disordine di una stanzetta da adolescente, con tanto di cuffie alle orecchie? Decide di guardare il meno possibile, se ci riesce. E ascolta.
Il tenore Tebaldo ha i sovracuti: bene. Il basso Capuleti non è profondo, è abissale. Nei gravi sprofonda così giù che neanche i microfoni riescono a coglierne l’afflato…Il Coro dei tifosi Capuleti canta nascosto, ordinato sugli spalti della curva sud, dietro enormi, inspiegabili lastre rettangolari di marmo cimiteriale che pendono dall’alto, appese ad innumerevoli cavetti di acciaio. Lo spettatore si duole della poltrona scomoda, non capisce, rinuncia a provarci e richiude gli occhi.
Arriva Romeo: eccolo! In tuta ginnica screziata in tessuto cinese ipertecnologico, con una quarta di reggiseno ben in vista sotto la canottiera bianca uso “Fronte del porto” e scarponi “sneakers” con zeppa, sembra appena tornato da un allenamento al campetto dell’oratorio, portando al collo anche lui la sciarpa: dei Montecchi, ovviamente. Gli occhi inorriditi dello spettatore si serrano di nuovo e costui lo ascolta: qui hanno preso per la parte di Romeo un soprano lirico (forse) nella parte di mezzosoprano en travesti! Senza gravi, li soffia perché non ci arriva; gli acuti, invece, li grida disperatamente. Desolato, lo spettatore s’interroga, sistemandosi dietro le terga il cuscino: se la farà gridando e soffiando così per tutta l’opera? Vedremo…
L’impresa musicale è improba. L’orchestra è decente, ma bisogna attendere per avere un’idea più chiara. Ecco la cavatina di Giulietta: altro fiato sospeso. La fanciulla è imprecisa nel recitativo; poi, nell’aria, i fiati sono collocati dove le viene meglio, tanto nessuno se ne accorge. Lo spettatore la guarda con un occhio, vede che è magra come un’acciuga e scopre che sotto la tunichetta di seta bianca che indossa, sotto un seno inesistente, non si intravede neanche un movimento, non un guizzo degli addominali, né superiori, né inferiori. Come canta, questa? Dove ha il diaframma? Non emette un piano e di sicuro anche lei se la trascinerà così per tutta l’opera.
Ad un certo punto, Giulietta, più avanti nello svolgersi della vicenda, sbaglia clamorosamente, attaccando un altro pezzo, neanche quello che avrebbe dovuto cantare in quel momento. Desolato/a , Romeo, per coprire il disastro nel duetto successivo, alza ancora il volume con un senso di solidarietà e di protezione; il Maestro probabilmente si è collassato sul podio, ma non lo inquadrano…”E vai col seguito!” ruggisce lo spettatore esigente…
Nel frattempo, pur intenzionato a non guardare, il nostro amico intravede i cambi di scena aprendo a turno un occhio e poi l’altro, trovandosi di colpo in un locale che sembra una via di mezzo tra una fabbrica di lapidi tombali, con tanto di anelli d’ottone, e una piscina olimpionica con le scale e il trampolino per i tuffi. Ritenendo la questione inspiegabile, si rassegna a non mettersi a urlare, tanto ci pensano i cantanti. Ma pure il Maestro, nervoso, col baffetto alla Puccini, non scherza neanche lui ad indisporlo: è preciso, anche troppo, ma consente al corno solista di modificare una nota che di solito tende a sfuggire stonata e rallenta l’arpa neanche fosse quella dell’intervallo RAI dei tempi che furono.
L’opera prosegue. Non si capisce ancora se Lorenzo sia o non sia un baritono, ma in ogni caso, si prodiga a fornire a Giulietta l’intruglio per dormire. La poveretta lo ingurgita e finalmente si addormenta. La portano via.
Dopo la sepoltura, allontanatisi affranti i parenti per la presunta morte di Giulietta, inconsolabile arriva Romeo, che ha cambiato tuta e calzature, più sobrie per l’occasione, mentre le sciarpe con i nomi delle due Famiglie, tolte di dosso e ordinatamente e solennemente disposte sulle lastre marmoree dai tifosi delle rispettive fazioni, salgono sollevate dai tiranti d’acciaio, appese ciascuna alla propria lapide. Resta in vista, ovviamente, quella dei Capuleti, accanto al sepolcro di Giulietta.
Come da copione, i due rivali in amore, Tebaldo e Romeo si incontrano nella cripta e si scontrano a colpi di sovracuti e note inventate l’uno e di urla a favore di microfono l’altro/a. Finché non si solleva il coperchio dell'”urna” (?) e compare Giulietta, apparentemente morta. Disperazione di Romeo; ma Giulietta si sveglia, duetto, grida belluine da entrambe le parti. Lo spettatore esigente riapre gli occhi socchiusi, verifica se per caso si fosse seduto sul telecomando ed avesse alzato il volume al massimo involontariamente, ma non era successo. La tragedia si compie. Fine dell’Opera. Gli applausi sommergono gli interpreti, il Maestro, il coro e tutti gli altri: il pubblico non ha capito niente. Però è venuto a frotte a teatro per la convenienza dei biglietti a prezzi stracciati e appare felice: Il derby è finito uno a uno. Pareggio.
Lo spettatore spegne i potenti mezzi mediatici a sua diposizione e ripiomba nel silenzio, tirando un sospiro di sollievo, ma rosica, perchè quello che ha ascoltato non è Bellini, non è Bel Canto, non sa più bene che cosa sia e adesso ne dovrà pure scrivere!
Una sola riflessione furibonda, già latente per tutta la durata dello spettacolo, gli invade il cervello: “Voi che gestite i teatri, se non siete capaci di selezionare i cast, non avete le voci, non sapete come si diriga o si suoni, non avete neanche letto il libretto, credete di accattivarvi gli spettatori più ostici e di riempire le sale a via di sconti e omaggi, facendo immaginare loro di averli portati in una succursale dello stadio comunale? LASCIATE IN PACE VINCENZO BELLINI! E pure il mio portafoglio: benedetto sia il viaggio pindarico!“.
…E il cuscino a fiori vola in aria e si posa sui soprammobili del soggiorno, senza sfiorare, rispettosamente, la collezione dei busti di musicisti allineati sulla consolle.
ナタリア ・ ディ ・ バルトーロ © ヴェッツィとマルヴェッツィ
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