MACBETH a Cremona – Recensione

MACBETH a Cremona – Recensione di William Fratti – Il Macbeth nel circuito di Opera Lombardia è uno spettacolo di alto livello –


Cremona, 22 novembre 2019. Il Macbeth di Giuseppe Verdi nel circuito di Opera Lombardia è uno spettacolo di alto livello dove tutto funziona in maniera equilibrata. Il Deus ex machina è il Maestro Gianluigi Gelmetti, che compie scelte molto discutibili, ma decisamene interessanti e che fanno parlare e dibattere: è dunque raggiunto lo scopo primario del teatro, dove e quando il pubblico cerca di analizzare ed esaminare ciò che ha udito e visto.

Innanzitutto Gelmetti sceglie di dirigere l’edizione critica della versione 1865, privata esclusivamente dei ballabili, arricchendo il suono orchestrale di colori molto particolari, che vanno dal maestoso parigino dei concertati, al sibilante, stridente e ronzante – come un sottobosco, un intero mondo sotterraneo fatto di presenze orripilanti – delle parti affidate alle streghe. Ma il vero fiore all’occhiello della sua opera è dato dal lavoro eccellente – e certosino – fatto sulla parola dei due protagonisti, che lo hanno seguito in maniera ineccepibile.

Sembra quasi impossibile, ma si è potuto ascoltare un Macbeth completamente diverso, del tutto nuovo, che può non piacere, ma senza ombra di dubbio è fatto egregiamente. La sola pecca è data dalla registrazione della lettera e delle apparizioni. Invece interessante è l’aver affidato a un Macbeth sorpreso l’intervento “La regina” anziché a un improbabile Araldo. Buona, ma perfettibile, la prova del Coro Operalombardia diretto da Diego Maccagnola.

Angelo Veccia ha sempre frequentato anche ruoli cantabili, ma ha trovato il suo terreno di elezione nel drammatico, non possedendo una vocalità brillante e particolarmente piena, ma sapendo fraseggiare e soppesare l’accento. Il suo Macbeth è pertanto orientato alla parola scenica, molto convincente ed eloquente, soprattutto nella gran scena e duetto “Sappia la sposa mia… Fatal mia donna!”. L’interpretazione è significativa, molto aderente al libretto, di indole decisamente bipolare, diviso tra il desiderio di imporre il proprio potere e l’incapacità di non sottoporsi al volere della moglie.

Silvia Dalla Benetta, dopo quasi 30 anni di carriera, iniziata col repertorio leggero di coloratura per poi spostarsi gradualmente verso il drammatico di agilità, è già stata definita come soprano assoluto da altra critica. In effetti in questi anni sta dimostrando che una ferrea tecnica di canto mantiene sano lo strumento vocale e in grado di affrontare ruoli molto discosti tra loro. Al debutto nel suo quindicesimo personaggio verdiano, riesce a mettere in mostra tutta la sua lunga esperienza nel belcanto drammatico con la cavatina, nel Verdi maturo e nel legato con la seconda aria, passando attraverso i virtuosismi di un brindisi dal chiarissimo sapore rossiniano, per terminare con una particolarissima scena del sonnambulismo, che indubbiamente affonda le sue radici in Amina e Lucia, ma qui si arricchisce notevolmente del teatro shakespeariano. Il fraseggio, l’accento e il saper dosare i colori rendendo una Lady particolarmente intensa, ipnotica, decisamente improntata sulla parola scenica. Gli acuti svettanti, i centri corposi e le note basse ben salde a emissione mista, sono il segno distintivo della sua elegante e rifinita linea di canto.

Molto bene anche per Alexey Birkus che porta in scena un Banco possente, ma ben misurato, con dei cantabili omogenei e curati.
Meno convincente il Macduff troppo spinto e poco cromatico di Giuseppe Distefano.

Efficaci il Malcolm di Alessandro Fantoni e il Medico di Alberto Comes che interpreta anche il Domestico e il Sicario. Piuttosto aspri e urlati gli acuti della Dama di Katarzyna Medlarska, unico neo dei finali primo e secondo.

Ottimo lo spettacolo di Elena Barbalich, che dopo oltre dieci anni è ancora richiesto, dimostrando che un buon lavoro di regia non ha età, ma soprattutto non abbisogna di particolare sfarzo e dispendio di scenografia. Purtroppo oggigiorno le disponibilità economiche dei teatri d’opera scarseggiano sempre di più, pertanto l’urgenza di registi che sappiano fare il loro lavoro è sempre più sentita. Elena Barbalich sa creare azione e movimento, talvolta anche sorpresa, giocando su simboli che derivano dal libretto stesso, come lo specchio e il pugnale, o la Lady che magicamente sempre compare dal crocchio delle streghe.

Essenziali ma efficacissime le scene di Tommaso Lagattola, che firma anche i bei costumi, radicati nel tradizionale scozzese, ma arricchiti di un pizzico di suggestione teatrale. Ottime le luci di Giuseppe Ruggiero e molto interessanti le coreografie di Danilo Rubeca, soprattutto in “Ondine e Silfidi” quando Macbeth diviene il burattino delle fattucchiere.

Grande successo assicurato.

William Fratti

PHOTOS Teatro Fraschini