Intervista a MARIA JOSÉ SIRI – Il soprano uruguayano afferma: “Perseguo la continua ricerca della bellezza, sempre”.
ナタリア・ディ・バルトロ著 ©
Incontro la signora Maria José Siri in occasione del suo debutto al Teatro alla Scala nella Francesca da Rimini di Zandonai, in scena dal 15 aprile 2018 con sul podio il maestro Fabio Luisi.
N.D.B.: Signora Siri, è un piacere incontrarci nuovamente dopo la nostra conoscenza a Vienna nel 2015. Lei sostituì all’ultimo minuto Martina Serafin nel ruolo di Tosca per un incidente in scena alla prima e cantò tutte le altre recite. Una gran bella トスカ, la sua, spettacolo che ebbi il piacere di recensire (clicca per la recensione). Cosa ricorda di quella occasione che la portò a Vienna?
M.J.S.: Mi è capitato un paio di volte, a Vienna, di dover fare una sostituzione; non è mai bello dover sostituire una collega, particolarmente questa volta in cui ho sostituito chi si era rotta una gamba saltando giù da Castel Sant’Angelo. Ho avuto comunque l’opportunità di fare una recita particolare perché era in diretta TV e quindi vista da milioni di persone, e di cantare con un bravissimo collega, Roberto Alagna. Per quanto riguarda Vienna, è un teatro con cui ho un ottimo rapporto e ogni volta torno più che volentieri a cantare in Austria.
N.D.B.: Io non l’avevo mai ascoltata prima dal vivo e la stimai fin da allora come una gran voce, dal timbro particolarmente scuro eppure capace di splendidi acuti e raffinatissimi filati; la paragonai in cuor mio ad una Fedora Barbieri soprano… Cosa ci dice della sua formazione artistica e tecnica?
M.J.S.: L’insegnante che mi ha insegnato la tecnica, che si è accorta che non fossi un lirico leggero e che quindi mi ha stravolto positivamente la vita non è stata Raina Kabaivanska, come molti pensano, ma Ileana Cotrubas; quando studiavo con lei, abitava in Francia, adesso abita a Vienna. Per sue questioni di salute e di tempo, quindi, non studio più con lei e da un paio di anni mi appoggio alla signora Kabaivanska: con lei si tratta di una continuazione della tecnica e dell’interpretazione, perché è una tecnica con cui mi trovo bene, ma la grande insegnante della mia vita, quella che ha cambiato il percorso della mia carriera, è stata Ileana Cotrubas.
Mi sento molto spesso al telefono con entrambe e vedo occasionalmente la signora Kabaivanska; non la vedo spessissimo, non sono una di quelle cantanti che incontra l’insegnante molto spesso. Rispetto moltissimo chi lo fa, e penso che un cantante debba avere un punto di appoggio per un consiglio, perché quello che viene fuori non è mai quello che sentiamo: viviamo in un mondo che non ci appartiene, non vediamo l’apparato vocale, utilizziamo sensazioni fisiche. E dobbiamo avere anche tanta immaginazione per far sì che la tecnica faccia del nostro strumento tutto quello che gli chiediamo, ma in fin dei conti credo che sia molto salutare che noi stessi siamo i nostri professori. Anche se – ripeto – abbiamo anche bisogno di qualcuno all’esterno che ci dia un segnale di come stiano andando le cose.
N.D.B.: Le piace la sua vocalità o le sarebbe piaciuto essere un soprano leggero, una coloratura o scendere ancora e toccare i gravi del mezzosoprano?
M.J.S.: A me piace la mia vocalità. All’inizio ero un soprano leggero, e mi piaceva esser un soprano leggero; non ho avuto problemi ad accettare il mio strumento che sta maturando, e ogni volta posso dire che lo amo di più. All’inizio non lo trattavo tanto bene, perché non avevo la consapevolezza tecnica che ho adesso. Mi sono sempre accettata; lavoro sempre partendo dal principio che io ho lo strumento che ho e non lo posso cambiare, però so benissimo che tipo di suono cerco, so benissimo che tipo di voce e che tipo di canto mi piace e a tal fine mi applico molto e soprattutto non mi piace esser simile a nessuno. Non voglio esser “snob” o “diversa”, ma partendo dalla base dell’accettazione di quello che è la mia voce, cerco di ottenere un suono più onesto possibile, più sincero; e perseguo la continua ricerca della bellezza, sempre.
N.D.B.: Chi preferisce cantare tra Puccini e Verdi?
M.J.S.: Una domanda molto difficile, scegliere tra Puccini e Verdi. Quando sto interpretando Puccini amo più Puccini, e lo stesso accade quando canto Verdi. Tutti e due questi autori hanno scritto ruoli davvero adatti alla mia voce e non credo nella classificazione di sola “voce verdiana”. Entrambi i compositori, affrontati nel loro stile, quando si ha la fortuna di avere un bravissimo direttore d’orchestra, sono due gioielli dell’opera italiana che non moriranno mai.
N.D.B.: Le sue capacità vocali sono indiscusse, ma quali sono comunque i ruoli che trova più difficili, sia per una questione di voce che d’interpretazione? Quali ruoli sente, invece, a sé più vicini o comunque più sentiti nell’interpretazione e quale personaggio su tutti sente di più e ama di più cantare?
M.J.S.: Anche questa domanda non è facile. Tutti i ruoli sono ardui, perché il mio non è un repertorio semplice. Quando ho studiato la mia prima Tosca pensavo che fosse il ruolo più difficile; poi per Suor Angelica ho penato l’impossibile perché non riuscivo a smettere di piangere e la mia sensibilità non mi permetteva di riuscire a finire l’aria “Senza mamma”, per non parlare del finale…Quindi ogni ruolo è molto difficile nel mio repertorio . Non so quale sia il più difficile da interpretare: sicuramente Francesca è molto complesso, bisogna studiare tanto, avere le idee molto chiare anche registicamente per disegnare un personaggio facile da capire da parte del pubblico. Nessun ruolo mi è particolarmente congeniale caratterialmente: per esempio, Tosca è troppo gelosa e io non lo sono; quanto a Norma, non arriverei mai minimamente al pensiero di uccidere i figli solo perché sono molto arrabbiata con il padre: dunque sono tutti ruoli che toccano sempre solo qualche fibra che è in me e da cui prendo spunto per sviluppare una sensibilità dentro al personaggio. In tutti i ruoli trovo qualcosa, ma non mi identifico in uno più che in un altro; diciamo che quelli che amo più cantare sono Norma e Maddalena in Andrea Chénier.
N.D.B.: Adesso sta affrontando il ruolo del titolo nella Francesca da Rimini. E’ un ruolo che richiede anche grande presenza scenica. Le piace questo personaggio che per noi italiani è stato di Dante prima che di Zandonai? Cosa ne pensa?
M.J.S.: Mi piace molto il personaggio di Francesca: è stata una grandissima sorpresa, mi sono innamorata di lei e penso che dovrebbe esser parte del grande repertorio. Forse non va cantata all’inizio della carriera perché bisogna avere un po’ d’esperienza per cantarla, ma sicuramente rimane uno di quei personaggi che insegnano a cantare, a stare in scena, insegnano l’economia della voce, l’energia fisica: è un ruolo meraviglioso.
N.D.B.: Come cura la sua voce? Ha dei sistemi di esercizio fisico? L’abbiamo vista sui social immergersi in una piscina d’acqua bollente nella neve…
M.J.S.: Riguardo alla mia voce faccio le cose più semplici del mondo: un’alimentazione corretta, cercare di riposare la voce, non parlare troppo al telefono nei giorni immediatamente precedenti alla prima, ma la vita va vissuta, senza fare follie; in particolare quella d’immergersi nell’acqua bollente perchè fuori fa molto freddo è un’arte antica che mi piace.
N.D.B.: Sappiamo che ha una bella figlia adolescente: come concilia il lavoro con il suo ruolo di donna e di mamma?
M.J.S.: Conciliare il lavoro con la maternità qualcosa che ho dovuto imparare sin dall’inizio, da quando sono diventata mamma, quindi fa parte della mia vita. Ho iniziato la mia carriera proprio quando è nata mia figlia; con gli anni il lavoro si è raddoppiato, triplicato, moltiplicato. Non è stato facile, ma sicuramente non sono stata la prima donna che ha dovuto gestire una carriera da sola con un figlio.
N.D.B.: Lei è molto attiva sui social, ne abbiamo accennato. Trova questo mezzo di moderna comunicazione importante nella cura della sua immagine? Come gestisce il suo rapporto col pubblico e cosa pensa, in particolare, del pubblico italiano?
M.J.S.: Sono attiva sui social perché da buona immigrante ho lasciato nell’altro continente molti amici e parenti e a volte non è possibile parlare al telefono o su Skype e rimanere sempre in contatto; quindi trovo i social una cosa utile per stare vicino alle persone. Riguardo al pubblico sono molto grata soprattutto a quello italiano perché è il paese in cui ho scelto di vivere, il paese che mi ha accolto dodici anni fa, anche dopo alcune vicissitudini della mia vita privata. Avrei potuto scegliere qualsiasi paese della Comunità Europea, ma ho scelto l’Italia, che mi ha dato moltissimo, compresi gli applausi del pubblico.
N.D.B.: Quali sono i suoi programmi per il futuro?
M.J.S.: Dopo Francesca canterò Don Carlo a Bologna, poi un concerto di arie verdiane al Théâtre des Champs Élisées a Parigi. Dopo inizierò la stagione successiva con Attila al Festival Verdi al Teatro Regio di Parma; quindi riprenderò il ruolo di Elisabetta che ho sostenuto a Valencia pochi mesi fa, e poi ancora Odabella, che ho cantato alcuni anni fa e che mi ha dato molte soddisfazioni.
N.D.B.: Grazie signora Siri per la sua disponibilità e soprattutto per le emozioni che ci offre con la sua voce.
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PHOTOS © Victor Santiago, Wilfried Hösl /Bayerische Staatsoper, Brescia e Amisano/Teatro alla Scala, Rocco Casaluci/Teatro Comunale di Bologna.