レビュー: トッレ デル ラーゴのトゥーランドット

Review: TURANDOT a Torre del Lago. Direttore Vegard Nilsen, Regia di Alfonso Signorini, Scene di Carla Tolomeo con Irina Rindzuner e Amadi Lagha. 04/08/2017

アントニオ・マネスキ


Eccomi per l’ennesima volta a Torre del Lago a vedere Turandot. Appena seduto a teatro, alzo gli occhi e vedo la solita classica scena.

Considerato il fatto che Turandot è un’opera dove lo scenografo e il regista possono rischiare, la mia fantasia prende il sopravvento e immagino una rappresentazione con la regia di Arturo Brachetti : la principessa , di bianco vestita, alla soluzione di ciascun enigma, cambia magicamente vestito, prima in verde per la speranza, poi in rosso per il sangue ed infine si spoglia dell’abito del cielo alla soluzione dell’ultimo.

Ma se poi uno non vuole giocare di fantasia, basta seguire le linee guida che lo stesso Puccini ha inserito nella partitura dell’opera.

Il regista Signorini non segue nessuna delle due linee ed vuolegiustamentedare un’impronta personale all’opera. I colpi di genio sono regalati a profusione. Come non citare Ping, Pong e Pang che giocherellano con la testa mozza di un principe? O Oppure Liù che suggerisce a Calaf il terzo enigma ( con il rischio che venga squalificato dalla gara )? Trovo, inoltre, che lasciare Liù morta sul palco fino alla fine, non sia un grancoup de scéne( come dichiarato dal regista).

Le scene di Carla Tolomeo sono, nella loro misera povertà, classicamente anonime.

A sostenere la parte di Calaf è Amadi Lagha. La voce, povera di bassi, risulta, invece, ricca e corposa nelle zone centrali per poi sbiancarsi leggermente in quelle acute. I fiati, lunghi, sono esibiti con un podi autocompiacimento, anche a scapito della tenuta della nota. Timbro gradevole, bella presenza, gestualità manierata. Il problema di questo tenore è quello di avere un canto privo di stile e, spesso, enfatico. Tutto ciò fa risultare il suo principe stentoreo e poco regale. Incomprensibile, poi, il bis di “誰も寝ない”, sebbene nessuno lo abbia richiesto!

Irina Rindzuner è una Turandot altalenante. Nel secondo atto, la mancanza dei sopracuti e del giusto impeto vocale compromettono in parte la resa. Meglio nel terzo atto, dove la voce svetta con più sicurezza.

Angela De Lucia è Liù. Voce piccola, timbro piuttosto anonimo, intonazione precaria sono le basi del suo canto privo, per di più, di piani e pianissimi. La De Lucia è forse ancora troppo immatura per un ruolo cosìcesellato, dove l’uso dei vari colori è a servizio di un personaggio dalle tante sfaccettature ( che viene, spesso, dato a sproposito ad ignare debuttanti ). A queste giovani cantanti, bisognerebbe far ascoltare fino alla noia l’interpretazione inarrivabile della Olivero, non per copiarla ma per assimilarne il caleidoscopico uso della voce.

I Ping Pong e Pang di Raffaele Raffio, Ugo Tarquini e Tiziano Barontini sono corretti e, nei concertati, la miscela tonale è piacevole. Peccato per la loro estrema staticità che, in alcuni momenti, ( inizio secondo atto ) li rende noiosi.

Timur, dalla voce un pousurata con vibrato fastidioso, esegue correttamente il suo ruolo. Altoum e il resto sono appena sufficienti.

Il coro del Pucciniano, che, di solito, è particolarmente bravo, in questa recita appare disorganico, con uscite solistiche sparse un poovunque.

La direzione di Vegard Nilsen costringe i cantanti ad accelerate vertiginose ( la ripresa di “….popolo di Pechino….”) e a rallentamenti estenuanti ( ” ….o faccia pallida….”). Nilsen non sa adeguatamente gestire i fiati (in particolare le trombe) che sono il tallone d’Achille dell’orchestra.

I costumi di Fausto Puglisi sono davvero belli. Una menzione speciale va a quelli della protagonista, eleganti e sontuosi.

Le luci di Valerio Alfieri migliorano di poco le scene.

La serata caldissima si chiude, tranne che per qualche sparuto fischio, con cordiali, quanto inopportuni, applausi da parte di una fetta di pubblico di bagnanti che interrompe, tra l’altro, l’esecuzione diIn questa reggiaprima dell’inizio di “…..mai nessun m’avrà “.

アントニオ・マネスキ

PHOTO プッチーニ フェスティバル トッレ デル ラーゴ