Il pianista ALEXANDER GADJIEV a Catania – Recensione

di Natalia Di Bartolo – al Teatro Massimo Bellini di Catania un récital del pianista goriziano, con Chopin protagonista.


Fryderyk Chopin, il divino. Di fronte a tanto genio ogni pianista si impegna, studia, ricerca in se stesso, interpreta. Mille e mille spunti e mille vene percorrono e attraversano quella musica e coglierle tutte è pressoché impossibile.

Si è spesso dato seguito, soprattutto In tempi passati, alla “vena salottiera” che non è la più indovinata; o a quella “triste” che non è sufficiente; o a quella “dolorosa” che non coglie del tutto nel segno… Ma nel caleidoscopio che tutti questi punti di vista esecutivi hanno da sempre rappresentato, il 17 marzo 2024 al teatro Massimo Bellini di Catania, un giovane pianista, Alexander Gadjiev, ha saputo cogliere la“vena oscura” di Chopin, ovvero quella che talvolta viene scambiata per “triste” o per “dolorosa”. Non è nessuna delle due: è una vena percorribile solo da chi si sappia immergere in tale profondità di simbiosi con l’autore da cogliere ciò che raramente si ascolta.

Il Gadjiev, giovane pianista goriziano di Scuola mitteleuropea, già onusto di premi internazionali ed in carriera più che ascendente, ha dunque esordito nel récital catanese proprio con Chopin e con tre Notturni: il Notturno in Fa maggiore op.15 n.1 BI 55, C 111; quello in Fa diesis minore, op, 15 n.2 BI 55, C 112 e quello in Do minore, op. 48 n. 1, BI 142, C 120, che hanno costituito una sorta di ripida via in discesa verso l’arcana “vena oscura” di cui sopra. Una vena fatta di dolore, è vero, ma insieme di consapevolezza della morte, di accostamento al mistero, quasi all’esoterico, che lascia intravedere la dimensione sconosciuta che segue la vita a chi non può, come essere umano, ancora conoscerla.

Il Gadjiev si è immerso direttamente proprio in questa corrente, paradossalmente e umanamente ancora sanguinante e vitale, della consapevolezza che solo attraverso l’arte premonitrice può raffigurare le dimensioni dell’ignoto; e ne ha trasfigurato le note,  andando ben oltre ciò che è scritto. Una capacità che, in centinaia di concerti ascoltati, chi scrive aveva raramente avvertito così palese e prepotente, soverchiante tempo, luogo, difficoltà, diteggiatura, pedale, tempi e tecnica.

E’ un dono, evidentemente, che è tanto raro quanto prezioso e che fa di questo giovane interprete una certezza nel panorama pianistico odierno. Lì dove si bada ancora a dati tecnici non è il luogo di Alexander Gadjiev: li ha superati al punto da padroneggiarli senza alterare nulla di ciò che è scritto ma “gestendolo”. Una sorta di tuffo nell’ignoto, che in soli tre notturni eseguiti in apertura ha tracciato una via interpretativa che ha coinvolto l’ascoltatore e determinato la levatura dell’intero concerto.

Alexander Gadjev è però certamente portato anche per la musica moderna ed amante della musica francese. Infatti, si sentiva poi nel “suo” Ludwig Van Beethoven, nelle  15 variazioni e fuga per pianoforte in Mi bemolle maggiore, op. 35 su un tema del Balletto “Die Geschopfe des Prometheus”, op. 43, dette anche “Variazioni Eroica”, tanto di quel Debussy di quel Poulenc e tanto di quel Ravel da far diventare le fantasiose variazioni del Titano di Bonn un pezzo di una modernità sconcertante, pur senza alterarlo in nulla.

Anche qui grande capacità di gestire l’interpretazione; e altrettanto nella seconda parte del concerto, dedicata ai “Quadri di un’esposizione” di Modest Petrovič Musorgskij:  il brano celeberrimo è stato anch’esso inglobato nello stile personalissimo del Gadjev e reso in tutti i suoi sgargianti colori e sonorità.

Un grande successo pure di pubblico, che gremiva il teatro catanese, con svariati minuti di applausi e ben quattro bis: lì dove hanno spiccato due Mazurke dell’amato Chopin, ma soprattutto il suo Scherzo n. 2 in Si bemolle minore , che non è certo nato per essere un bis; impegnativo, robusto e brillante: una chicca per gli spettatori che tanto hanno apprezzato il concerto.

Natalia Di Bartolo ©

Foto di Giacomo Orlando ©