IDOMENEO al Teatro dell’Opera di Roma – Critique de William Fratti – Affiatamento e fusione tra Michele Mariotti e Robert Carsen –
Recita del 10 novembre –
Coesione, compattezza e tenuta d’insieme sono i caratteri dominanti di questo difficile spettacolo, che riesce totalmente nel suo scopo: coinvolgere, emozionare, consegnare un messaggio, indurre a pensare. E per fare tutto questo occorre proprio quell’affiatamento e quella fusione che Michele Mariotti e Robert Carsen hanno trovato tra loro e saputo trasmettere all’intero palcoscenico prima e a tutto il pubblico poi.
Purtroppo è sempre più raro trovare una simile intesa, sia per ragioni personali e soggettive, ma anche per scarsa disponibilità di risorse. Dunque quando accade, la magia del teatro d’opera si manifesta in tutto il suo splendore.
Michele Mariotti – che per questa occasione opta per la versione di Vienna, senza le arie di Arbace, col reintegro di “Fuor del mar” e voce di tenore nella parte di Idamante – torna alla difficile partitura di Idomeneo compiendo un mirabolante prodigio di stile, elegante nella tenuta d’insieme, ricco di colori e di accenti, prodigo di fraseggi raffinati ma anche drammatici. La sua visione della partitura è talmente amalgamata al poetico realismo di Carsen che è impossibile non commuoversi. Complici anche Orchestra e Coro – preparato dal bravissimo Roberto Gabbiani – del Teatro dell’Opera di Roma che, supportati da una certa purezza di suono e di canto, seguono direzione e regia con una fluidità che coinvolge totalmente.
L’esperto Charles Workman porta in scena un eccellente Idomeneo, dalla vocalità chiara e luminosa, che trova il suo apice interpretativo proprio nella meravigliosa “Fuor del mar”.
Lo affianca l’ottimo Idamante di Joel Prieto, che primeggia nelle pagine più delicate, mentre si nota una certa debolezza nelle note basse dove occorre un maggiore accento, come nel celebre quartetto di terzo atto.
Pure bravissima Rosa Feola nel ruolo di Ilia, dotata di una musicalità davvero sorprendente, sempre omogenea in ogni singolo passaggio, arricchita di grazia raffinata.
Molto buona anche la prova di Miah Persson nei panni dell’innamorata Elettra, che mette in mostra il suo stile elegante soprattutto in “Idol mio” e nei pezzi d’assieme, mentre appare un poco carente nelle note basse nelle arie più drammatiche.
Piuttosto efficaci l’Arbace di Alessandro Luciano e il Gran Sacerdote di Oliver Johnston. Sorprende molto positivamente la Voce del giovane Andrii Ganchuck.
Tornando al bellissimo spettacolo di Robert Carsen – che si occupa anche delle scene con il costumista Luis F. Carvalho e delle luci con Peter Van Praet – si avvale degli espressivi movimenti coreografici di Marco Berriel e del suggestivo video di Will Duke. La trasposizione in ambito contemporaneo contribuisce ad una maggiore resa dei significati dell’opera: l’eterno problema – senza tempo – delle guerre, dei rifugiati, del non perdono. E l’abbraccio finale di Ilia e Idamante è una commovente luce di speranza. Carsen si distingue sempre per lo stile elegante, con messaggi chiari, ma sempre rispettosi, con sfumature poetiche dal forte effetto teatrale seppur intrise di importante realismo. Ma colpisce soprattutto la sua costante aderenza al testo e alla musica. È eccellente sotto ogni punto di vista.
Scroscianti applausi e ovazioni hanno salutato tutti gli artisti.
Guillaume Fratti
PHOTOS © Yasuko Kageyama-Teatro dell’Opera di Roma