ERMIONE di Rossini al San Carlo di Napoli – Critique de William Fratti – I melomani più affezionati sono arrivati da tutto il mondo –
Quando un’opera seria di Gioachino Rossini, soprattutto se manca dal palcoscenico pesarese da un po’ di anni, entra nel cartellone di un grande teatro come il San Carlo di Napoli, i melomani più affezionati si muovono in massa e, in questa occasione, è doveroso segnalare che sono arrivati da tutto il mondo.
Il vero motivo di interesse è la partecipazione della star internazionale Angela Meade nei panni di Ermione, ruolo studiato ed eseguito con grande successo sotto la guida del compianto Alberto Zedda. Dopo Guglielmo Tell e I Lombardi alla prima crociata a Torino, il soprano americano è tornato in Italia solo per il Gala XL dello scorso agosto al ROF, dunque in seguito alla cancellazione di Luisa Miller a Parma l’attesa si è fatta importante. La Signora Meade è davvero brava, su questo non si discute, provvista di tecnica ineccepibile, virtuosismi puntuali, ottimo uso dei fiati, voce piena in ogni nota e che corre, fraseggio e intenzione rossiniana da manuale, accento drammatico particolarmente incisivo. Ciononostante sembra che manchi un collante col direttore e l’orchestra, dunque la performance ne risente, soprattutto in termini di presa emotiva col pubblico.
L’artefice pare dunque essere Alessandro De Marchi che, pur essendo preciso e metodico, manca di accento, di vigore, di intensità drammatica e si fa molta fatica ad assorbire i sentimenti discordanti della tragedia. Il 7 novembre 2019, complici anche un’orchestra non sempre puntuale e un coro che, in più di un’occasione, se ne va per i fatti suoi. Talvolta i tempi un poco dilatati sembrano mettere in difficoltà gli interpreti con fiati un po’ troppo lunghi.
Teresa Iervolino è tecnicamente e stilisticamente un’ottima Andromaca, ma anche nel suo caso manca un certo quid.
John Irvin è un Pirro molto preciso, ma la sua vocalità è troppo piccola per il grande teatro partenopeo, pertanto appare decisamente insufficiente, pur cantando bene.
Antonino Siragusa torna a interpretare Oreste dopo il recente successo di Idreno e lo fa col suo consueto sapere rossiniano. Purtroppo si trova in difficoltà con i tempi ed è costretto a terminare le frasi con delle spinte davvero poco piacevoli.
Guido Loconsolo è un Fenicio piuttosto efficace, mentre il Pilade di Filippo Adami e l’Attalo di Cristiano Olivieri sono un po’ precari.
Gaia Petrone è alle prese con la parte di Cleone, per lei troppo acuta, mentre Chiara Tirotta è una discreta Cefisa.
Lo spettacolo di Jacopo Spirei si ispira alla tragedia Greca per dimostrare quanto siano attuali i sentimenti ivi descritti ed è trasposto in una moderna epoca neoclassica fatta di elementi che spaziano dallo stile impero al XX secolo. Il lavoro di regia sembra svolto di corsa, forse per mancanza di tempo e ciò lo si nota soprattutto sulle masse, mentre è più efficiente sui protagonisti e nelle controscene. Funzionali e abbastanza realistiche le scenografie di Nikolaus Webern, i costumi di Giusi Giustino e le luci di Giuseppe Di Iorio.
Applausi piuttosto contenuti per tutti, con solo qualche sporadica acclamazione.
Guillaume Fratti
PHOTOS © Francesco Squeglia