TOSCA in Wien – Rezension von Natalia Dantas – Piotr Beczala al debutto nel ruolo, Sondra Radvanovsky, Thomas Hampson: trionfo per il capolavoro pucciniano –
Un quarto d’ora di applausi finali alla fine di un terzo atto memorabile di Tosca non può indurre chi scrive a buttar giù la solita recensione: l’entusiasmo per questa messa in scena del 18 febbraio 2019 al Wiener Staatsoper ha rappresentato un momento di ritorno al passato e, nello stesso tempo, di proiezione verso il futuro. A chi, come chi scrive, frequenta questo magnifico teatro e ha visto più volte le stesse produzioni viene naturale pensare quanti Cavaradossi si siano infilato e sfilato quel gilet giallo del primo e secondo atto; quanti Scarpia siano morti su quel tappeto rosso; quanti coltelli Tosca abbia afferrato da quel tavolino imbandito per la cena dell’aguzzino. Ma ogni rappresentazione è un evento a sé stante e quindi la sera del trionfo personale di Piotr Beczala non può passare come una delle tante recite di Tosca nella produzione ormai storica di Nicola Benois, per la regia di Margarethe Wallmann.
Se gli applausi finali hanno superato il quarto d’ora, gli applausi che hanno seguito l’esecuzione di “E lucevan le stelle” sono durati almeno quattro minuti, con richieste insistenti ed entusiastiche di bis. Il Beczala ha eseguito il tanto acclamato bis, accontentando il pubblico e dimostrandosi, anche in questo, un Cavaradossi pienamente maturo: il grande tenore lirico, sta passando a ruoli più robusti nel momento giusto con l’entusiasmo giusto, con la gioia giusta e con la giusta accoglienza del pubblico.
Il suo Cavaradossi si è dimostrato pressoché perfetto, studiato nei minimi particolari sia musicalmente che interpretativamente, a soddisfare anche i palati dei melomani più esigenti. Voce piena, rotonda, corposa e morbida ha seguito un fraseggio elegante e gestito i fiati in maniera ammirevole, proiettando il suono senza riserve.
Al suo fianco la bella e delicata Sondra Radvanovsky ha interpretato una Tosca, meno aggressiva del solito personaggio e più salottiera, più amante che tigre, con una vocalità piena, bella, corposa nel corso dell’intera opera e in particolare al terzo atto; e un’esecuzione di “Vissi d’arte” che ha suscitato gli entusiasmi del pubblico.
Lo Scarpia di Thomas Hampson, poi, ha giganteggiato sulla scena. Il grandissimo baritono da solo riempie il palcoscenico, può riuscire ad annientare chiunque gli stia accanto; ma, nella cattiveria da manuale di Scarpia ha espresso anche l’immensa professionalità che lo caratterizza, lasciando spazio indistintamente a tutti i colleghi di brillare di luce propria. Pertanto, a parere di chi scrive, lo Scarpia di Thomas Hampson rimane, insieme al debutto di Piotr Beczala in Cavaradossi, negli annali del meraviglioso teatro viennese e nella memoria di tutti coloro che vi hanno assistito.
E si parla appunto di uno dei più grandi e prestigiosi teatri del mondo, dotato di un’orchestra che in questa Tosca, magistralmente diretta dal Maestro Marco Armiliato, dopo appena due giorni dall’esecuzione di una Lucia di Lammermoor perfetta sotto la guida, ben diversa per repertorio, del M° Evelino Pidò, è stata capace di immedesimarsi nelle sonorità pucciniane e nelle dinamiche robuste, colorate, a tratti agitate che giustamente il Direttore Armiliato, molto italianamente, le ha imposto.
Quanto alla produzione del Benois di cui sopra, la scena, come accennato, si ripete ma non è mai uguale a se stessa, perché cambiano generazioni d’interpreti. Da sottolineare, però, gli arredi messi a lucido, i costumi rinnovati, tutto un brillìo. Dunque transeat che la regia di Margarethe Wallmann abbia ancora delle pecche dopo tanti anni; si sorvoli sul fatto che il sagrestano continui a porgere al pittore i colori in tubo nell’anno 1800; che il calamaio manchi a Cavaradossi per scrivere la sua ultima lettera e che la penna d’oca scriva come fosse una stilografica. Solo Roberto Alagna, anni fa, ebbe la presenza di spirito di inventarsi il calamaio: Piotr Beczala ha preferito scrivere di getto, emanando già da quel momento tutta la concentrazione, l’emozione e l’impegno che subito dopo avrebbe profuso nel celebre brano che ne ha decretato definitivamente il trionfo. Ma sono piccolezze che solo il pignolo intenditore si picca di notare e annotare.
Una serata ricca, opulenta, con un cast stellare, dopo un’altra serata donizettiana altrettanto ricca e opulenta con un cast altrettanto stellare Chi si è recato a Vienna in questi giorni di febbraio 2019 in cerca di emozioni in musica al Wiener Staatsoper, dopo aver assistito a due rappresentazioni di tale livello non può che desiderare di tornarvi al più presto.
Natalia Di Bartolo
PHOTOS Wiener Staatsoper | Michael Pöhn