Critique : IDOMÉNÉO de Mozart à Pistoia

Review: IDOMENEO di Mozart a Pistoia al Teatro Manzoni per l’80° Maggio Musicale Fiorentino.

Par Lukas Franceschini –


Pistoia, 30 aprile 2017.

L’80° Maggio Musicale Fiorentino ha avuto la prima produzione operistica nella bellissima cornice del Teatro Manzoni di Pistoia, poiché la città toscana è una delle capitali della Cultura Europea per il 2017.

Questa trasferta regionale è da considerarsi eccezionale poiché il Maggio Musicale ha sempre realizzato le proprie produzioni nelle sedi della città di Firenze. L’opera in cartellone era Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart, nell’allestimento di Damiano Michieletto creato per il Teatro an der Wien nel 2015.

Il desiderio di Mozart di comporre una grande opera seria si realizzò nell’estate 1780 quando arrivò la commissione dell’intendente teatrale dell’Elettore Kark Theodor per il Carnevale di Monaco di Baviera. Il soggetto fu indicato dal principe stesso e fu affidato all’abate Antonio Varesco. Esso si basava su un dramma mitologico, con risvolti fiabeschi, già elaborato in precedenza da altri compositori. Tuttavia, il librettista nella stesura del testo restò ancorato alla tradizione metastasiana, sfrondando lo sfondo mitologico-allegorico e la conclusione fu forgiata su un lieto fine celebrativo. Per Mozart fu una gestazione molto complessa per la renitenza di Varesco di apportare modifiche al testo, e per i capricciosi illustri cantanti che crearono difficoltà a non finire. Anche se ideata secondo le regole dell’opera tradizionale del tempo, con Idomeneo Mozart produsse alcune rivoluzionarie novità drammaturgiche e musicali: trasformò i recitativi accompagnati in vero dialogo strumentale-vocale, ampliò l’impianto orchestrale e attribuì un rilievo insolito agli strumenti a fiato. Partitura unica, la più ricca e forse enciclopedica di tutto il settecento, nella quale il compositore offre una maestria rilevante per quel che concerne il colore e la forza dell’orchestra, il grande respiro di tutta l’opera, la linea melodica e l’arte del recitativo accompagnato.

Il tema principale dell’opera è il rapporto tra padre e figlio e giustamente Damiano Michieletto durante l’overture fa proiettare un video nel quale Idomeneo, in partenza per la guerra, veste il giovanissimo figlio in giacca e cravatta per assumere i suoi compito di reggente del regno. Ma i buoni propositi di una regia, spesso interessante per il conflitto non solo generazionale ma anche dell’esuberanza giovanile, finiscono lì. Pur nella coerenza di un racconto drammaturgico, il regista inserisce soluzioni e aspetti teatrali non certo innovativi e sovente sopra le righe.Non contribuisce la scena, di Paolo Fantin, il quale in questa occasione non ha la stessa mano felice di altre occasioni. Tutta l’opera si svolge sulla spiaggia in riva al mare con sabbia vera. Entrate ed uscite del coro e dei solisti sono avvolte da candide tende bianche. La scena si apre, e resta fissa, su una spiaggia invasa di stivali e scarpe dopo il passaggio di uno tsunami, cui sia aggiungono in seguito cataste di mobili, sedie, valigie, tanto da rasentare un disordinato centro raccolta rifiuti. Idamante è già amante di Ilia, la quale appare in scena in avanzato stato di gravidanza, partorirà nel finale sulle note del balletto. Elettra è una donna volitiva e cerca di sedurre Idomeneo attraverso abiti succinti, volgari e probabilmente acquistati in negozi di griffes o centro commerciale, che indossa in scena senza alcun senso, e nell’aria finale s’imbratta di fango. Nel finale primo il coro, un insieme di straccioni, si gratta nervosamente come se colpiti dalla scabbia. Diversamente dal libretto Idomeneo ed Elettra muoiono e restano in scena, per il re segue anche il commiato funebre con i ceri. Troppe cose, troppa confusione, poco rispetto della musica e della drammaturgia, usuale nel regista, ma in questo caso ha reso il pubblico annoiato e perplesso. I costumi di Carla Teti erano moderni e in funzione dell’idea registica, ma non lasciano traccia. Considerato che lo spettacolo non era nuovo è lecito chiedersi se non c’era altra soluzione di allestimento.

Sul podio c’era Gianluca Capuano, giovane direttore con spiccata carriera estera, che ha fornito una prova di concertatore molto efficace con tempi ben sostenuti, ritmo incalzante e precisa calibrazione sonora, una narrazione musicale di stampo settecentesco-drammatico d’effetto. Complice un’Orchestra del Maggio in grande forma e un Coro, istruito da Lorenzo Fratini, degno della sua fama.

Il cast nel complesso non annoverava elementi di spicco, a cominciare dal disarmante protagoniste par Michael Schade, ormai alla frutta di un canto logoro e sovente poco intonato, aspetto che non gli permette neppure di sfoderare qualche freccia credibile nei recitativi. Molto migliore l’Elettra di Carmela Remigio, cantante di spiccata musicalità e intuizioni vocali, fraseggio e colore erano rilevanti anche se la risata satanica dell’aria “D’Oreste e d’Ajace” è approssimativa.

Rachel Kelly, Idamante, è perfetta come interprete molto convenzionale nel canto nel quale trova poca suggestioni vocali. Ekaterina Sadonnikova è una corretta Ilia senza emozioni, e i “Zeffiretti lusinghieri” non lasciano segni di memoria.

Bravissimo Leonardo Cortellazzi per stile, incisività e canto raffinato, purtroppo confinato nel secondario ruolo di Arbace, avrei preferito fosse il protagonista. Professionali e precisi il sacerdote di Nettuno di Mirko Guadagnini e la voce dell’Oracolo di Chanyoung Lee.

Pubblico molto scarso per un titolo non abituale nei cartelloni italiani, applausi alla compagnia, qualche isolato dissenso agli artefici dello spettacolo che non erano presenti ai saluti finali.

© Lukas Franceschini

PHOTOS © Pietro PaoliniTerraproject Contrasto