par Natalia Dantas per Sipario – Prima del 7 dicembre 2024, apertura di gala della Stagione Lirica ‘24/’25, Chailly sul podio, Netrebko protagonista.
“Risalire la corrente” non è sempre un modo di dire: succede anche sulla scena, quando l’allestimento prevede un disco rotante di base su cui far muovere l’intero cast per tutta la durata dello spettacolo. Se da un lato può risultare d’effetto, quando finalmente la piattaforma si ferma, anche gli occhi dello spettatore riposano, le orecchie godono appieno e il pathos per l’equilibrio degli interpreti viene meno.
E’ accaduto al Teatro alla Scala, nel giorno della prima del 7 dicembre 2024, con “La forza del destino” di Giuseppe Verdi, apertura di gala tradizionale della Stagione Lirica ‘24/’25. Ma se ne parlerà appresso.
Regnante sul podio, il Maestro Riccardo Chailly ha ammannito una concertazione e direzione d’orchestra che definire perfetta è dire poco. Non serve alcun altro commento, se non sottolineare come sia riuscito a far venire fuori la giusta diversificazione tra la parte tragica e quella “buffa” della partitura. Da manuale il finale ultimo, con le dinamiche e le battute verdiane tutte al proprio posto. Lode all’Orchestra e chapeau al Maestro, che appariva visibilmente soddisfatto.
Ovviamente, il cast era schierato in tutta la propria autorevolezza, a cominciare da Anna Netrebko, la protagonista Leonora, che ha dato fondo a tutte le sfumature possibili che oggi la sua voce le consente, in un non certo facile, inevitabile “confronto” con la mitica Renata Tebaldi, storica Leonora, a cui la serata era dedicata.
Al suo fianco (scampati gli spettatori da un “pericolo” tedesco che si era ritirato) il tenore americano Brian Jagde, don Alvaro, di voce giovane ancora da limare, il quale, nelle mani di Chailly, ha tirato fuori proiezione e squillo, che andrebbero però accompagnati da una presenza scenica ancora anch’essa da affinarsi. Molto gradevole, comunque, ha anche affiancato in maniera efficace nei duetti, oltre che la Netrebko, soprattutto l’antagonista don Carlo, un Ludovic Tézier in stato di grazia. Il grande baritono francese può cantare di tutto e lo ha sempre dimostrato; la parte del cattivo, poi, gli sta a pennello. Ma quello che è da rilevare è la immensa statura vocale dell’interprete. Altro chapeau: il migliore in scena.
A proposito di grandi interpreti, il padre guardiano, Alexander Vinogradov, apprezzabile voce da basso, anch’essa giovane, inserita in questo cast, fa rilevare giocoforza come ci si trovi in un momento storico di transizione per le voci, in cui grandi e grandissimi iniziano a ritirarsi e vanno (spesso andrebbero!) debitamente sostituiti con le nuove leve. Il cast variegato comprendeva, così, altre voci giovani interessanti. Da citare innanzitutto la vocalità robusta e pregnante di Vasilisa Berzhanskaya nei panni di Preziosilla e quella di Marco Filippo Romano come Fra Melitone. Corretti tutti gli altri interpreti, ottimo il Coro, diretto da Alberto Malazzi.
Per tornare alla soluzione registica, Leo Muscato ha messo in atto la suddetta piattaforma girevole (niente di nuovo, se si pensa alla Storica Carmen au Met avec Garança e Alagna), indubbiamente utile per evitare i cambi di scena che in quest’opera dovrebbero susseguirsi molto spesso, coadiuvato dalle scene a strutture basse di Federica Parolini, un po’ da presepe alla Eduardo, in verità, con gli alberelli, la statua della Madonna, porte e portali che si aprivano e chiudevano sul nulla, illuminate dalle luci brune di Alessandro Verazzi. Il regista, inoltre, ha voluto fare dell’opera verdiana un compendio d’epoche per un afflato corale contro la guerra, flagello di ogni tempo. Aiutato dai costumi di Silvia Aymonino, è passato gradualmente così dall’ambientazione settecentesca del primo atto alla contemporaneità del quarto. Invero lodevole, sia pure un po’ retorico/manzoniano, ma tutto molto tradizionale; il che, ogni tanto, non guasta; in un deplorevole clima milanese, oltretutto, di contestazioni e disordini in tema di guerra, ben contenuti.
Ottimo, dunque, il gradimento complessivo della serata musicale, con quasi un quarto d’ora di applausi finali.
Natalia Dantas
Photo Brescia et Amisano