Di Natalia Di Bartolo – La HJO Jazz Orchestra e Giuseppe e Micol Pambieri in un récital di gran gusto al Teatro Massimo Bellini di Catania.
L’atmosfera ovattata di un Teatro d’Opera giova a tutte le Arti che ne siano all’altezza e ci sono momenti teatrali, anche non propriamente intesi come “Classici”, che meritano lo spazio privilegiato di un grande Teatro.
E’ accaduto il 28 aprile 2024 al Teatro Massimo Bellini di Catania, dove il pomeriggio di domenica di una primavera un po’ indecisa è stato connotato da un’atmosfera insolita per quegli spazi, di solito consacrati alla Classica ed all’Opera, in un mix tra memorie, ricordi personali, recitazione e, ovviamente, musica tutta da ascoltare.
Musica per intenditori di generi diversi dalla Classica o dall’Opera, ma comunque di appassionati dal palato fine, perché non si può non riconoscere alla musica americana della prima metà del secolo scorso una grande forza d’innovazione, che, senza citare autori come Gershwin, per esempio, incluse il jazz nero prima e quello “bianco” poi, nonché altre forme di musica che andavano concretizzandosi nell’ambito dei gruppi e delle orchestre che furoreggiavano pure a via di boogie-woogie e rhythm and blues e, nel periodo compreso fra gli anni Trenta e la seconda guerra mondiale, di swing.
Ad uno dei più grandi musicisti di quest’ultima epoca, in fondo così vicina a noi e che fu anche l’epoca della guerra suddetta, Glenn Miller (1904-1944), era intitolato il récital catanese, inserito nella Stagione Concertistica, nonché proprio nella sezione dedicata specificatamente ai Récitals.
La “Glenn Miller Story”, animata da un’orchestra vivace, reattiva e motivata come la HJO Jazz Orchestra, diretta dal M° Sebastiano Benvenuto Ramaci, con un testo ideato, scritto e registicamente diretto dal drammaturgo, attore e regista Ezio Donato e affidato alle voci del grande Giuseppe Pambieri e di sua figlia Micol, impersonanti il Miller e la moglie Helen Burger, ha incollato gli spettatori alle poltrone. E se il corpo di ciascuno era comodamente seduto sul velluto rosso del teatro catanese, al contrario, la mente, la fantasia, gli occhi, grazie anche alle pregevoli proiezioni d’epoca, spaziavano in un mondo che stava tra il passato e il presente, la realtà e la fantasia, il cinema e il teatro, la sala da ballo e quella da concerto.
Delicata, poco invasiva, breve, la storia di vita di Glenn Miller, scomparso misteriosamente a soli quarant’anni, nel 1944, mentre sorvolava su un aereo il Canale della Manica per recarsi a Parigi per un concerto. Il protagonista si raccontava o dialogava con la moglie anche tramite un vecchio telefono dal mitico numero, titolo poi di un brano celeberrimo “Pennsylvania 6-5000”. Niente di didascalico, ma semplicemente brevi incisi, in cui, come in punta di piedi, i due attori, padre e figlia nella vita, s’inserivano con la classe del grande Teatro di prosa, dialogando come coppia. Non solo un monologo, non solo un dialogo, ma tanta musica. Il tutto bilanciato con rara concisione ed eleganza.
Dunque melodie celeberrime hanno accarezzato le orecchie degli astanti o ne hanno solleticato il senso del ritmo e dello swing, in esecuzione degli arrangiamenti originali più celebri del Miller, compreso un bizzarro, originalissimo arrangiamento da “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi, in cui si riconosceva perfettamente il motivo del coro al secondo atto “Chi del gitano i giorni abbella”. Ma soprattutto hanno risvegliato in molti il sogno di danzare come Fred Astaire e Ginger Rogers sulle ali di “Moonlight serenade”, di entusiasmarsi con “Chattanooga Choo Choo”, primo disco d’oro della storia, di scatenarsi con “In the Mood” e di deliziarsi con molti altri brani che sono stati eseguiti con gusto capace dai musicisti dell’orchestra, che a loro volta sono ciascuno solista del proprio strumento ed hanno il Direttore Ramaci quale primo trombone dell’organico del Teatro etneo.
Turno A gremito, con la presenza di un pubblico che sapeva benissimo cosa stesse andando ad ascoltare e che si è trovato soddisfatto e plaudente di fronte ad uno spettacolo di livello, tutto composto da brani musicali estremamente famosi e dunque godibili da parte di tutti, porto oltretutto su un piatto d’argento dai due grandi interpreti di prosa.
Natalia Di Bartolo ©
Foto di Giacomo Orlando ©