Verdi's Nabucco in Parma – Review by William Fratti -Ideato da Ricci/Forte è sicuramente il migliore prodotto in Italia negli ultimi vent’anni –
Stiamo tutti annegando. Non c’è bisogno di andare particolarmente in profondità per percepire almeno una parte dei forti messaggi di questo bellissimo e strabiliante spettacolo. Stiamo annegando ora; non occorre attendere un ipotetico futuro distopico. Il classismo, l’ineguaglianza, l’intolleranza religiosa, la paura delle diversità, il nazismo, il fascismo, le dittature, i regimi autoritari, le emergenze sociali, antropologiche e climatiche, sono qui e ora, oggi, ovunque attorno a noi e stiamo annegando in uno stretto mare di odio reciproco.
Questo Nabucco ideato da Ricci/Forte è sicuramente il migliore prodotto in Italia negli ultimi vent’anni, non solo per l’incredibile progetto creativo – che oltre alle idee e ai concetti gode anche di azzeccatissimi spunti cinematografici – ma anche per l’abilità con cui Stefano Ricci mette in scena un continuo susseguirsi di azioni – principali e secondarie – che non permettono mai di poter distogliere l’attenzione: a riprova di ciò è l’insolito silenzio tombale della sala. Naturalmente una parte del pubblico ha fatto sentire la sua disapprovazione, ma questo è il bello del teatro, un teatro vivo, dove c’è anche lo scontro, che in effetti appare perfettamente in linea con le tematiche messe in scena, dunque la platea non smentisce, anzi conferma, il palcoscenico.
Le bellissime scenografie di Nicolas Bovey suggeriscono l’interno di un cacciatorpediniere, di una portaerei, un intero mondo militare a sé stante, ma anche un Titanic o un Poseidon, dove si fa evidente la differenza tra le classi. Strepitosi i costumi di Gianluca Sbicca, soprattutto quelli di Abigaille, con i sottili e subdoli dettagli verdi della perfidia. Ottime le luci di Alessandro Carletti e riuscitissime le toccanti coreografie di Marta Bevilacqua; abilissimi e ben preparati tutti i mimi.
Estremamente positivo è anche l’ambito musicale, col bravissimo Francesco Ivan Ciampa sul podio dell’esemplare Filarmonica Arturo Toscanini. Il direttore avellinese si è ormai ritagliato una posizione di merito nel repertorio d’opera italiano, soprattutto quello ottocentesco, e questo Nabucco ne è la chiara dimostrazione. Il dialogo tra buca e palcoscenico è pressoché perfetto, sempre compatto e uniforme, molto attento alla partitura, qui proposta in edizione critica. La Toscanini rende una delle sue prove migliori, coi suoni pulitissimi, senza sbavature e soprattutto intensamente emozionante. Il Coro del Teatro Regio di Parma, diretto dall’impareggiabile Martino Faggiani, dimostra ancora una volta di essere il migliore nell’intero catalogo verdiano, non solo per il sempre commovente e bissato “Va pensiero”, ma soprattutto per il vigore, gli accenti, anche la disperazione dei primi due atti.
Amartuvshin Enkhbat è un buon Nabucco, autorevole e distinto, dotato di voce ferrea, smaltata e un’ottima linea di canto, nonostante difetti un poco nel fraseggio e nell’accento, eccetto per il finale secondo e “Dio di Giuda”.
Lo stesso vale per la tenace ed elegantissima Abigaille di Saioa Hernández, interprete giustamente acclamata dai teatri più importanti, pur non avendo delle agilità così rigorose come richiederebbe questo ruolo e note basse poco corpose se immediatamente successive alla salita in acuto.
Michele Pertusi è un eccelso Zaccaria, nonostante la vocalità non sia tonante, poiché ogni volta che apre bocca rende una vera e propria lezione di canto dallo stile raffinato, ricca di accenti, colori e fraseggi, votata alla parola scenica.
Annalisa Stroppa è una Fenena di ottimo gusto, affiancata dal brillante Ismaele di Ivan Magrì che fortunatamente supera subito le incertezze delle prime pagine.
Molto buona la prova di Elisabetta Zizzo nei panni di Anna. Efficaci l’Abdallo di Manuel Pierattelli e il Sacerdote di Belo di Gianluca Breda.
William Fratti
PHOTOS Roberto Ricci