DEMETRIO E POLIBIO al Rossini Opera Festival – Critique de William Fratti – La prima opera composta da Gioachino Rossini non fu la prima a essere rappresentata.
La prima opera composta da Gioachino Rossini non fu la prima a essere rappresentata. Si dovette attendere il 1812, anno in cui andarono in scena ben sei titoli del precoce compositore, per assistere alla prima di Demetrio e Polibio.
A lungo creduto un lavoro adolescenziale, fonti recenti lo indicano molto presumibilmente come il lavoro di un diciottenne. A parte ciò non esiste un autografo dell’epoca e, mentre alcuni numeri sono certamente attribuibili a Rossini e altri a Mombelli, i restanti potrebbero addirittura essere stati presi in prestito da ulteriori autori. La revisione sulle fonti, curata da Daniele Carnini, non è dunque da prendersi come definitiva e la strada verso l’edizione critica pare ancora in salita.
In occasione del Quarantesimo Festival, il 18 agosto 2019, si è deciso di riproporre la produzione di Davide Livermore del 2010, la cui regia è sapientemente ripresa da Alessandra Premoli, con le scene e i costumi dell’Accademia di Belle Arti di Urbino e le luci di Nicolas Bovey. Lo spettacolo affascinante, accattivante e moderno della prima volta, perde ora gran parte della sua efficacia, cannibalizzato nelle idee e nelle soluzioni da molti altri allestimenti dello stesso Livermore, risultando così essere sempre la solita solfa.
Convince appieno la direzione di Paolo Arrivabeni – coadiuvato dal Maestro collaboratore responsabile e Maestro al continuo Daniela Pellegrino – che si prodiga in una lettura intrisa di rossinianità, soprattutto nei fraseggi e negli accenti. Un’ottima sorpresa anche la Filarmonica Gioachino Rossini, particolarmente nella sinfonia, anche se nel corso dell’opera si è sentito qualche intoppo negli ottoni. Ottima prova per clarinetti e oboi. Molto bene anche per il Coro del Teatro della Fortuna M. Agostini diretto da Mirca Rosciani.
Jessica Pratt è un’ottima Lisinga e, in questa parte da vero soprano drammatico di agilità molto puntata, mostra tutti i pregi e i difetti che la contraddistinguono negli ultimi anni. Come di consueto il suo stile rossiniano è pressoché perfetto, dall’intenzione all’uso della tecnica, soprattutto nelle agilità, il tutto arricchito da filati naturali. Però, ormai da diverso tempo, è solita cambiare la posizione di certe note proprio mentre le sta cantando, come se ogni volta dovesse cercare quella giusta, dando un fastidioso senso altalenante. Inoltre, in alcuni passaggi, appare un poco stonacchiata e i sovracuti, pur essendo per lo più cristallini, talvolta sono stiracchiati.
Juan Francisco Gatell è un bravissimo Demetrio, anche se va detto che questi non sono ancora i suoi ruoli. Eccellente interprete rossiniano, non possiede ancora lo spessore necessario per rendere al meglio le parti da baritenore, pur notandosi un grande miglioramento in questa strada. La sua è comunque una prova di altissimo livello, tecnicamente ineccepibile e con un fraseggio davvero intenso.
Cecilia Molinari, vincitrice del Concorso Internazionale di Belcanto Rossini in Wildbad, frequenta l’Accademia pesarese nel 2015 sotto la guida di Alberto Zedda e da allora percorre un’importante carriera internazionale soprattutto in ambito rossiniano. Del suo Siveno si apprezza soprattutto lo stile, la raffinatezza e l’omogeneità della linea di canto, seppur l’espressività non sia una delle più intriganti.
L’altrettanto giovane e promettente Riccardo Fassi continua a dimostrare di sapere molto bene il significato di belcanto e rende una prova molto buona del ruolo di Polibio, pur sentendosi una più modesta intenzione rossiniana rispetto ai colleghi, con un fraseggio e un accento meno efficaci.
Guillaume Fratti
PHOTOS Rossini Opera Festival