ADELSON E SALVINI di Bellini a Catania – La prima versione della prima Opera del musicista etneo in scena nell’anniversario della morte è un evento sulle scene –
By Natalia Di Bartolo –
La patria di Vincenzo Bellini, Catania, detiene il merito di aver messo in scena, finora unica nel panorama internazionale, la prima opera del genio etneo: “Adelson e Salvini”. Il libretto di Andrea Leone Tottola, già musicato nel 1816 da Valentino Fioravanti, si basa sul romanzo di François-Thomas-Marie de Baculard d’Arnaud “Épreuves du Sentiment, Adelson e Salvini, anecdote anglaise” (1772).
Non è questa la sede per valutare l’iter intricato della ricostruzione della genesi e dell’evoluzione di quella che è un’opera semiseria degli esordi del musicista, né le scelte operate nelle rappresentazioni in tempi moderni. Ci si limita, quindi, a rilevare che il 23 settembre 2018 sia stata rappresentata nel Massimo Teatro catanese la prima versione dell’opera, curata dal musicologo prof. Domenico De Meo, storico portabandiera etneo della passione e della competenza nella ricostruzione e nello lo studio delle composizioni di Vincenzo Bellini, insieme al compianto musicologo prof. Salvatore Enrico Failla.
Et’ qui da sottolineare, invece, in tempi economicamente difficili, l’amore che, in una scelta come questa, viene dimostrato per l’esegesi, la filologia, la materia musicale e ispirativa del genio Bellini, messa in atto nel far rivivere questo fondamentale documento artistico e storico, sempre in divenire e ancora non interamente pubblicato. Basti questo per valutare positivamente la serata d’inaugurazione della ripresa della Stagione Lirica 2018 del Massimo teatro catanese.
In questo modo, l’opera è stata eseguita a Catania già tre volte. La prima rappresentazione in tempi moderni è avvenuta il 6 novembre 1985 al Teatro Metropolitan, nella versione curata dal prof. Failla; la seconda al Teatro Massimo Bellini il 23 settembre 1992 e la terza il 23 settembre 2018 (quindi, nel giorno dell’anniversario della morte dell’autore), nelle versioni entrambe curate dal prof. De Meo.
Ottima la scelta del direttore: il M° Fabrizio Maria Carminati ha guidato l’organico dell’impeccabile Orchestra catanese, ridotto secondo la partitura, con rigore, attenzione ai tempi e allo stile e grande supporto agli interpreti.
Un’impresa, la messa in scena di questo cimelio belliniano, anche perché contiene parti recitate; ma qualche cenno d’inesperienza recitativa da parte degli interpreti non ha offuscato la parte musicale, godibilissima: Bellini c’era e c’era già tutto. L’opera prima del “maestrino” preludeva allo sbocciare del genio. Momenti di beatitudine hanno colto lo spettatore, in particolare al primo atto in cui la cavatina “Dopo l’oscuro nembo” di Nelly sarebbe stata poi ripresa da Bellini per la struggente, meravigliosa cavatina di Giulietta ne I Capuleti e i Montecchi “Eccomi in lieta vesta – Oh quante volte, o quante”.
Ciascun interprete si è distinto nel canto: dall’esperiente Lord Adelson di Carmelo Corrado Caruso, alle prese con una parte che richiede agilità, al volenteroso Salvini di Francesco Castoro, dotato di sovracuti come da prassi, alla graziosa e vocalmente corposa Nelly di José Maria Lo Monaco. Su tutti gli interpreti, ovviamente, il più applaudito è stato il Bonifacio di Clemente Antonio Daliotti, interprete della maschera di un eterno pulcinella napoletano, che parla e canta un linguaggio dialettale partenopeo di improba difficoltà, sia dal punto di vista del lessico gergale e della sintassi che della dizione.
Apprezzabile anche il coro, diretto dal nuovo acquisto de teatro, il M° Luigi Petrozziello, il quale ha saputo tirar fuori dalla compagine maschile in scena dei pianissimo ormai pressoché desueti, che auspicabilmente preludono ad altri ascolti di qualità.
Gradevole l’atmosfera da atelier di pittura inglese, legato al mestiere di Salvini, con occhio volutamente volto ai dipinti di William Etty, che si respirava nella scenografia di Benito Leonori, con gli appropriati costumi di Catherine Buyse Dian, ben illuminati dalle luci di Alessandro Carletti, riprese da Antonio Alario. La regia di Roberto Recchia era curata e la messa in scena si mostrava aderente ad uno studio approfondito dei luoghi, dei caratteri e dei personaggi, in una nuova produzione in collaborazione con la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi.
Serata intensa, dunque, e onore all’Arte ed alle origini di ben altri capolavori belliniani. Pubblico soddisfatto e plaudente.
Natalia Dantas
PHOTOS Giacomo Orlando