Review: LA BOHÈME a Torre del Lago, con Piotr Beczala e Karine Babajanyan, con la regia di Maurizio Scaparro.
Von Antonio Manschi –
21 luglio 2017.
Devo essere sincero, ho deciso di andare a rivedere questa Bohème per la presenza dell’unico vero nome prestigioso presente al Festival Pucciniano 2017: Piotr Beczala.
È ovvio: tranne rari casi, quando un artista si è fatto un nome internazionale come lui, un motivo c’è. Nonostante l’incrinatura della voce nella “speranza” e nel finale del primo atto, l’esecuzione di Beczala è stata di altissimo livello.
Per alcuni critici, per essere bravi in Puccini è sufficiente avere un buon canto di conversazione. A mio avviso, per essere bravi in Puccini bisogna essere completi. Cantanti, attori e, soprattutto, interpreti. Beczala lo è stato. Il fraseggio è stato fluido e limpido, le zone acute svettanti e sicure, la presenza scenica di assoluta naturalezza. Certo non è stato perfetto e, nel primo atto, le due note più pericolose gli hanno giocato un brutto scherzo. Niente che possa compromettere, però, la recita che ha portato avanti con professionalità straordinaria.
Karine Babajanyan ( al suo debutto in Italia ) ha un timbro decisamente bruttino e lontano da quello che comunemente viene attribuito a Mimì. Però, l’intera recita è stata affrontata con il giusto pathos e la voce è stata trattenuta nei momenti più dolenti con una dizione, tranne qualche doppia di troppo, ottima. Come molte cantanti dell’est, era presente un vibrato largo e la chiusura degli acuti, un po’ striduli, non è sempre stata precisa. Nel complesso, ha comunque tratteggiato una Mimì credibile e struggente e la buona presenza scenica l’ha aiutata nella recita.
La Musetta della Zizzo sembrava il personaggio di un’altra opera: scenicamente troppo statica e vocalmente acerba. Poi, nel finale del Valzer, il “…..senti” con picchettato era totalmente fuori luogo.
Il Marcello di Raffio, tranne un terzo atto un po’ calante, ha avuto momenti interessanti.
Il Direttore James Meena ha diretto con piglio e autorevolezza tirando fuori il meglio dall’orchestra pucciniana.
Per la scena di Folon ( perché di una sola scena si trattava, che cambiava solo per l’aggiunta di tavole e sedie o poco più ), non bisogna certo essere esperti d’arte per capire il richiamo alla pittura e, di conseguenza, alla vita bohèmienne. Era formata da un enorme tavolozza di colori da pittore e da una tela vuota dove venivano proiettati i dipinti dell’artista belga e foto e quadri di Modigliani. Chissà se a Puccini avrebbe fatto piacere…Nonostante tutto, però, il gioco dei colori è risultato gradevole.
La regia di Maurizio Scaparro ha reso la rappresentazione fluida e l’attenzione per i particolari ha fatto la differenza. I movimenti scenici sono quasi sempre stati a servizio della musica.
Pubblico numeroso e un po’ freddino.
Antonio Manschi
PHOTOS Festival Puccini Torre del Lago