Review: LA CAMBIALE DI MATRIMONIO all’Olimpico di Vicenza, che ha inaugurato la XXVI edizione delle Settimane Musicali.
Von Lukas Franceschini –
Vicenza, 3 giugno 2017.
La XXVI edizione delle Settimane Musicali al Teatro Olimpico è stata inaugurata dalla farsa La Cambiale di matrimonio di Gioachino Rossini.
L’edizione 2017 si svolgerà dal 2 al 18 giugno, una serie di concerti in vari luoghi della città palladiana e quattro recite dell’opera rossiniana. La rassegna è ideata da Giovanni Battista Rigon, che ricopre la carica di direttore artistico assieme a Sonig Tchakerian che è responsabile del progetto musica di camera. Grande novità è il cambio della presidenza che da questa edizione è ricoperta da Tiziano Tiozzo, giovane imprenditore vicentino che durante la conferenza stampa ha illustrato il suo impegno che si concreterà nel fornire nuova luce al Festival valorizzando i progetti in corso e attirare un nuovo pubblico giovane. Inizia con questa edizione il progetto delle cinque farse di Rossini, che saranno rappresentate fino al 2021.
La prima opera composta di Rossini fu “Demetrio e Polibio”, a Bologna negli anni 1808-1809, su richiesta della famiglia Mombelli che la eseguì privatamente in casa loro. La prima esecuzione pubblica fu a Roma nel 1812. La seconda in ordine di composizione, ma prima per rappresentazione, fu invece La Cambiale di Matrimonio, primo contratto ufficiale del diciottenne pesarese con il Teatro Di San Moisè di Venezia ove fu rappresentata il 3 novembre 1810. Il successo procurò al compositore la commissione di altre quattro farse, e tre anni dopo il “salto” di qualità approdando alla Fenice con due capolavori come Tancredi e L’italiana in Algeri. La peculiarità del genere farsa, molto in voga fino alla meta del XIX secolo, era quella di creare un’opera in un atto, della durata di circa un’ora o poco più, senza la presenza del coro, orchestra ridotta a pochi elementi, con pochi personaggi (doveva sempre figurare il basso buffo e la primadonna), di genere comico-brillante e con finale lieto. Tale genere operistico era molto apprezzato e allestito comunemente in teatri minori, che programmavano la serata con molteplici spettacoli d’opera o balletto. Rossini conferma la straordinaria inventiva compositiva, la freschezza e la brillantezza sono encomiabili, le quali abbinate a un gusto ironico e un ritmo esilarante fanno di questi “piccoli” lavoro degli autentici gioielli del teatro d’opera comico.
Ogni volta che si entra al Teatro Olimpico, si resta esterrefatti per la bellezza del luogo, come la prima volta. Tuttavia tanta espressione d’arte limita la realizzazione di uno spettacolo d’opera, poiché il teatro non è stato costruito con tali prerogative. La bravura di un regista è di trovare una chiave di lettura pertinente utilizzando il luogo senza scene e con pochi elementi. In questo intento abbiamo ammirato l’idea e la realizzazione di Marco Gandini che ha realizzato uno spettacolo gradevole, divertente, e brioso quanto ci aspettava. Impera una lettera “R” in rosso (citazione del cognome del compositore) attorno una serie interminabile di lettere bianche sparse che saranno spostate dai cantanti creando nomi e citazioni della vicenda. Una specie di gioco, come in un’antica tipografia, con un tocco forse da cartone animato, ma che è funzionale e spassoso, per i settantacinque minuti dello spettacolo. Ben caratterizzata l’azione dei singoli, intricata e vorticosa. Moderni ma azzeccati per i ruoli i costumi di Michele Becce; Marco Tocchio, curatore del progetto scenico, utilizza a meraviglia tutto il possibile calpestabile del teatro, e Virginio Levrio firma delle luci autorevoli.
Giovanni Battista Rigon, direttore e maestro al cembalo, dirige con consumata esperienza, innata musicalità e non manca lo spiccato senso teatrale. La direzione è briosa e insieme raffinata, in cui la precisione ritmica nulla sacrifica al rigore e ai preziosi colori, mantenuta in perfetto equilibrio con il palcoscenico. In questa prelibata rappresentazione, il maestro è assecondato e seguito con estrema partecipazione dall’Orchestra di Padova e del Veneto, in stato di grazia.
La compagnia di canto, in prevalenza composta di giovani promesse, era capeggiata dalle maiuscole prove di Daniele Caputo e Paolo Ingrasciotta. Il primo, che impersonava Mill, sfoderava un’irresistibile vivacità teatrale ma non meno rilevante era l’aspetto vocale, padroneggiato con tecnica raffinata, soprattutto nel registro acuto, disinvolto nel fraseggio e nella varietà degli accenti. Il secondo, che interpretava Slook, era suo degno compagno quanto a bravura e stile, poiché anche in questo caso la voce era perfettamente calibrata, riuscitissimo il personaggio e molto precisi fraseggio e colori. Due prove notevolmente maiuscole.
La Fannì di Lara Lagni, lascia intravedere un futuro che speriamo luminoso, ma con i suoi solo “vent’anni” manca dell’autorevolezza della primadonna, anche se lo stile era buono e lodevole l’esecuzione della difficile aria.
Yauci Yanes Ortega, Edoardo, è un tenore con buoni mezzi ma ancora da raffinare soprattutto nello stile.
Frizzante e di buona fattura musicale la Clarina di Sara Fanin, bravissimo Diego Savini, Norton, un giovanissimo baritono molto promettente che sfoggia un timbro assai bello, morbido e compatto, una linea di canto ragguardevole assieme ad un’interpretazione di grande effetto teatrale.
Il piccolo teatro vicentino era esaurito in ogni settore, e alla fine ha giustamente decretato un interminabile applauso a tutta la compagnia.
© Lukas Franceschini
PHOTOS © Luigi De Frenza