Review: IL TURCO IN ITALIA a Bologna, l’opera di Rossini in scena al Teatro Comunale, ricordando Alberto Zedda.
Par Lukas Franceschini –
Bologna, 10 marzo 2017
Una velata malinconia ha contraddistinto la prima bolognese de’ Il Turco in Italia di Gioachino Rossini, poiché qualche giorno prima si è saputo della scomparsa del maestro Alberto Zedda, il quale avrebbe dovuto in origine dirigere questa produzione.
Alberto Zedda oltre ad essere stato direttore d’orchestra e artistico di prestigiose istituzioni, preminente è stata la sua attività di studioso musicologo soprattutto sugli spartiti rossiniani. Infatti, fu il primo a firmare le revisioni critiche de Il Barbiere di Siviglia e La Cenerentola ancora alla fine degli anni ’60 (cui seguirono altri spartiti), fu membro del Comitato editoriale della Fondazione Rossini e per molti anni direttore Artistico del Rossini Opera Festival. Il suo contributo alla rivalutazione, riscoperta, riallestimento di molti titoli rossiniani fu determinante, tanto che oggi molti di questi non sono più rarità ma opere di repertorio.
E’ significativo che nel programma di sala per l’edizione bolognese ci sia proprio un suo ridotto saggio che mette in relazione Il Turco con L’italiana in Algeri. Zedda definisce che la vena comica di Rossini si rivela nell’ascolto e nell’esecuzione tutt’altro che omogena e rileva un’ambiguità che rende difficile definire la natura della sua produzione buffa. Ogni sua opera giocosa, escluse le farse, presenta un codice espressivo definito e marcatamente vario, che eleva Rossini a compositore innovativo rispetto i suoi colleghi precedenti e coevi. Nella fattispecie il Turco, melodramma giocoso con sviluppi da commedia di carattere, è opera di svolta per comprendere l’atteggiamento del compositore nei confronti dell’opera comica, e si distacca fortemente dall’antagonista Italiana in Algeri, spesso erroneamente accostata come alternazione drammaturgica. Nel Turco in Italia si evidenziano persone vere e la comicità non si limita a parafrasare i tratti della commedia ma critica la filosofia del piacere nella quale non è difficile riconoscerci. Sono gli attori stessi a determinare la drammaturgia dell’opera attraverso un meccanismo di doppia storia, la quale è raccontata e tessuta con arguzia e stile dal poeta, che si colloca all’esterno dell’intreccio, e le bizzarre e comiche “turcherie” sono ben lontane da questo dramma giocoso borghese.
Lo spettacolo presentato al Comunale era di Davide Livermore già presentato al ROF la scorsa estate, e le personali perplessità di allora non sono cambiate. Brillante l’idea di base, individuando in Pacha, le Guido di 8 ½, famosissimo film di Federico Fellini. Tutta la vicenda prende le misure con il cinema del grande riminese, inserendo e confezionando un tessuto drammaturgico essenziale e vivace, ma troppo caricato nei riferimenti e nelle allusioni per giustificare una scelta che a mio avviso poteva essere sviluppata con più leggerezza ed eleganza. Pertanto ci sta bene Farquhar che fa verso a Claudia Cardinale, e qualche accenno alla lunga carrellata di personaggi emblema dei lavori di Fellini, ma quando queste semplici comparse insistono con la loro presenza per tutta l’opera, alla fine un po’ di noia era evidente. Tuttavia è vero che la comicità del Turco è molto sottile e attinge alla commedia della vita e dell’arte, e Fellini fu uno che ha raccontato a modo suo la società del suo tempo, con un pizzico di stravagante originalità, la quale poteva essere allusiva e non copiata.
Poco da dire sulla scena piuttosto spoglia per non dire nuda, nella quale di volta in volta calavano dall’alto candide tende bianche. Molto più raffinato il lavoro di Gianluca Falaschi che ricrea costumes bellissimi per Fiorilla, ma anche per gli altri interpreti a cominciare da Selim che non era difficile affiancare all’Alberto Sordi dello Sceicco Bianco.
Sur le podium in sostituzione di Alberto Zedda c’era Christopher Franklin, una bacchetta che conferma una precisa e professionale direzione, coniugando buca e palcoscenico in buon equilibrio. Peccato non avesse anche quella mano personale per rendere più briosa la lettura, che sovente si accomodava in lente e languide sonorità, perché dall’ottima Orchestra del Teatro Comunale si poteva chiedere e ottenere molto di più. Molto buona la prova del Chœur, réalisé par Andra Faidutti, che conferma non solo la professionalità necessaria ma anche duttilità del repertorio e l’incisiva compattezza.
Il cast ha dato l’impressione di essersi divertito molto e trovare uno speciale coinvolgimento in questo spettacolo, tale aspetto ha sicuramente contribuito alla buona riuscita dell’opera.
Le protagoniste a été Simone Alberghini, il quale rispondeva validamente ai dettami scenici, un po’ meno a quelli musicali poiché la sua esibizione era spenta e monocorde, quando invece il cantante sarebbe capace di più mordente e accenti di maggiore efficacia.
Molto buona la prova di Hasmik Torosyan, un Farquhar partita in sordina, ma poi approdata a risultati molti brillanti sfoggiando una voce molto ben impostata, ragguardevole tecnicamente, con bei colori e un preciso utilizzo della coloratura.
Decisamente migliorato rispetto le recite pesaresi il Don Geronio di Nicola Alaimo, il quale a Bologna trova tutte le componenti che hanno reso la sua performance eccelsa. Voce molto morbida, ottimo utilizzo del sillabato, e brillantissimo scenicamente.
Mirabile il Pacha par Alfonso Antoniozzi, calatosi perfettamente nel ruolo, un deus ex machina sornione e compiaciuto, cui si aggiunge una recitazione elegante e istrionica, con un canto ancora puntuale seppur non più verdissimo. Maxim Mironov, Narciso, conferma le ottime qualità vocali nelle impervie parti, le quali sono eseguite con stile e registro acuto ragguardevoli oltre ad un’innata verve teatrale.
Molto bravi Alessandro Luciano e Aya Wakizono, respectivement Albazar e Zaida. Il primo divertentissimo e scatenato nel suo travestimento femminile ha il momento di mettersi in luce nell’aria del II atto, l’altra dimostra ancora una volta le sue peculiari doti vocali e una precisa impostazione tecnica.
Al termine un cordiale e convinto applauso ha salutato tutta la compagnia.
Lucas Franceschini
PHOTOS © Rocco Casalucci