Beethoven e Čajkovskij diretti da STIER a Catania, la “Pastorale” di Beethoven e la 4^ sinfonia di Čajkovskij al teatro Massimo Bellini di Catania
By Natalia Di Bartolo © dibartolocritic
La Sinfonia n. 6 in Fa maggiore op.68 di Ludwig Van Beethoven, fu composta in contemporanea, tra il 1807 e il 1808, con la Sinfonia n. 5 in Do minore op.67.
Non che in questa sede si voglia risalire alla storia dell’opera del genio tedesco, poiché a tale scopo esistono fiumi d’inchiostro fruttuosamente versati e tutti da consultare per approfondimento, ma semplicemente per sottolineare l’epoca di febbrile ispirazione dell’autore, che produsse due capolavori assoluti nello stesso periodo. Il genio stesso la definì, dandole un sottotitolo, “Pastorale” e specificandone la natura: “Più espressione del sentimento che pittura”.
L’ispirazione e la realizzazione della composizione, dunque, stanno tutte in queste poche parole, che si dovrebbero rilevare esattamente anche nell’esecuzione. Il 3 marzo 2017 al Massimo Bellini theater in Catania, invece, sotto la direzione del Maestro tedesco Eckehard Stier, non tutto è venuto fuori a dovere.
Probabilmente una certa sensazione di routine nell’eseguire una sinfonia così celebre, un sentore scolastico alla guida di un direttore giovane che anch’egli ne risentiva, qualche inciampo tra i solisti hanno tracciato la linea di demarcazione tra lo splendore ispirativo e compositivo e quello esecutivo.
Il Maestro Stier ha tenuto dinamiche leggere, ma una certa piattezza e l’esecuzione mancava di cesello; qualche attrito nella coordinazione delle sezioni ha fatto sobbalzare le orecchie più attente, nonostante alcune belle rese coloristiche, specie nel celebre temporale.
Niente routine, dunque, per i bravi professori d’orchestra del teatro catanese. Molto meglio, allora, la seconda parte, con la sinfonia n. 4 in fa minore, op. 36 by Peter Ilyich Tchaikovsky, composta tra il 1877 ed il 1878 per Nadežda Filaretovna von Meck, platonica amante e filantropica mecenate del compositore.
Tutta la difficoltà di vivere e il dolore di un’esistenza in cui ci si senta estranei alla massa, descritti alla Von Meck dall’autore in una lettera riguardante la sinfonia a lei dedicata, questa volta nel concerto catanese sono venuti fuori, ma è spiccato soprattutto quel vago senso di ebbrezza che connota il terzo movimento, culminando nel quarto con la sempiterna domanda che affligge spesso il genio: come faccia la gente comune a divertirsi, nella fattispecie all’interno di quella che il musicista russo ha voluto strutturare come l’espressione di una festa popolare…Finita la festa, si cozza di nuovo contro il proprio fato, protagonista ineluttabile dell’opera.
Qui anche il Maestro Stier si è compenetrato nella direzione ben più di quanto avesse fatto nella sinfonia di Beethoven ed è venuto fuori un Tchaikovsky credibile, ben strutturato dal punto di vista agogico, con qualche picco di sonorità di troppo, ma con una ottima resa, soprattutto da parte degli ottoni e delle percussioni, non sottovalutando la bella profondità degli archi.
Ed è qui, allora, nell’esecuzione sentita e partecipe, culminata nel magnifico pizzicato ostinato del terzo movimento, che l’orchestra del Bellini ha espresso il meglio, riscuotendo, insieme al M° Stier i meritati applausi finali.
Natalia Dantas © dibartolocritic
Photos © James Orlando