Review By Natalia Di Bartolo © dibartolocritic
L’opera “Sakùntala”, musica e libretto di Franco Alfano, fu rappresentata per la prima volta nel 1921 sotto la direzione di Tullio Serafin con il titolo “La leggenda di Sakùntala”. Poi la partitura originale andò perduta a causa di un bombardamento della seconda guerra mondiale, fu ricostruita dallo stesso autore, intitolata “Sakùntala” e successivamente ripresa nel 1952 e nel 2006.
L’Opera è stata rappresentata a Catania il 16 novembre 2016 nella seconda versione, in tre atti, su libretto dello stesso Alfano.
Di fronte ad un’opera come Sakùntala, con precedenti esigui d’esecuzione e pareri musicologici di eterogenea natura, il critico non può che porsi con animo aperto e sgombro da pregiudizi e ascoltare. Ascolto che non può non far dire, innanzitutto, di aver assistito nell’esecuzione catenese all’esaltazione della pregevolissima partitura orchestrale.
La natura di quest’opera è non solo narrativa di un mondo esotico di leggenda, ma soprattutto sognante, descrittiva, appare quasi un “orchestral painting”. Definirla “impressionistica” evocando soprattutto pittori francesi sarebbe improprio…”divisionistica” neanche, perché la struttura narrativa è compatta e coerente, sia dal punto di vista compositivo che espressivo. Dunque non è possibile stigmatizzare la musica di Alfano accostandola ad una precisa corrente pittorica, ma, dato il fluire continuo, ininterrotto, coerente e scintillante, chi scrive oserebbe accostarla al Futurismo, nella sua accezione di “movimento”, di “mai fermo”, di visione dello snodarsi descrittivo permeato di dinamismo, che gode di una fusione ammirevole di momenti in cui il brillare dei colori orchestrali porta l’ascoltatore ad immaginare altrettanti colori, uniti a profumi e sapori, nell’immersione piena in una Natura ancestrale che occorrerebbe definire “mitica” nel senso più lato e nobile del termine.
La partitura orchestrale, dotata dall’autore anche di importanti momenti all’arpa e alle trombe, ha consentito all’orchestra catanese, sotto l’ottima mano del M° Nikša Bareza, di esprimere con ammirevole impegno quanto richesto non solo dal direttore d’orchestra, ma dall’autore stesso, di cui il Direttore si faceva decisamente portavoce autorevole. Il M° Bareza ha mostrato un’intensità esecutiva che dimostra una passione evidente per l’opera in questione, uno studio approfondito ed una padronanza anche dello spirito dell’opera stessa.
Ottima padronanza dell’insieme anche da parte dell’Orchestra, con una decisa espressione di tutte quelle dinamiche raffinatissime ed estremamente variegate che la partitura orchestrale richiede e a cui ha fatto puntualmente fronte.
Intimistica e nello stesso tempo minuziosamente descrittiva, la musica di Sakùntala potrebbe serenamente essere eseguita in forma sinfonica, senza la parte cantata. Anzi, chi scrive trova personalmente che le espressioni del canto non appaiano in sintonia con le raffinatezze dell’orchestra.
Sembra prevalere, infatti, nel canto dei protagonisti, una tessitura di improba difficoltà, che mette a dura prova gli interpreti e che, nello stesso tempo, sia pure godendo del libretto assai pregevole dello stesso Alfano, esaspera i toni e corre il rischio di lasciare indietro i finissimi meccanismi orchestrali escogitati dall’autore, padrone di una tecnica compositiva decisamente superlativa.
Automatico per l’ascoltatore un po’ distratto l’accostamento del canto di Sakuntala a quello di Turandot, nella parte finale composta dall’Alfano per completare l’opera alla morte di Puccini. Ma è un altro elemento fuorviante. In effetti non ci si può basare sull’assunto: Alfano = “canto gridato” che di solito si rileva fra i musicologi e che tanto ha nuociuto alla reputazione compositiva dell’autore. Bisogna convenire, però, che la parte cantata risulta come “sovrapposta” con impeto ad una parte orchestrale che corre il rischio di venirne, a torto, offuscata.
Questo ha cercato di evitare il Maestro Bareza, tenendo alto il volume dell’orchestra anche nei momenti in cui il canto appariva sovrastante, violento addirittura.
Buona la prova degli interpreti: Silvia Dalla Benetta, Sakùntala dai toni esecutivi precisi e curati, si è adeguata e plasmata ad una tessitura che dire improba è dire poco, affrontata però con mezzi che le hanno consentito di uscire vincente dalla prova.
Anch’egli messo duramente alla prova dal punto di vista vocale, il tenore Enrique Ferrer, nella parte del re, ha dato il meglio, pur se la parte necessiterebbe in alcuni punti di una proiezione maggiore. Certo, scontrarsi con i volumi orchestrali di Alfano non è impresa da poco. Il Ferrer ha mancato di una corposità nella voce che non possiede per natura, ma il coraggio non gli è mancato.
Vocalmente un po’ sotto tono il resto del cast, Chorus a little’ spiazzato da una novità spesso dissonante, ma favorito dai toni vocali esasperati in alcuni punti, dove il M° Ross Craigmile ha potuto dar fiato a quei coloriti di forte e fortissimo che spesso nelle opere di repertorio non riesce debitamente a controllare.
Una nota di lode alla messa in scena, che il regista Massimo Gasparon, also author of sets and costumes, ha curato nei particolari, in una produzione che avrebbe potuto dimostrarsi stucchevole. Privilegiando soltanto scene un po’ favolistiche a sagome dipinte e fruttando i colori dei costumi e le lights ben calibrate studiate da Andrea Borelli, Il Gasparon ha saputo “andar oltre”, sottolineando con amore quei momenti in cui la partitura orchestrale richiede cura anche sul palcoscenico. Nella scena dell’ape, per esempio, in cui i movimenti scenici si accostavano con grazia alla valenza descrittiva e pittorica di un mondo di favola e di fusione ancestrale con la Natura, così come nella Canzone della nuvola, da un’antichissimo testo indiano.
Di gradevole impatto visivo la dance che ha aperto il terzo atto, in cui i movimenti scenici di Sebastiano Sicilia hanno restituito il sapore da favola.
Un mondo esotico e inusuale per un’opera, in cui gli spettatori si sono trovati coinvolti e che hanno avvertito appieno, dimostrando un gradimento complessivo che rende merito alla cultura del pubblico catanese.
Natalia Dantas © dibartolocritic
Photos © James Orlando