Par Dalila Calisolo —
Dans la scène du 13 au 22 novembre 2015 Al Théâtre de ’ ange, in Rome, « La ménagerie de verre », un des chefs-d'œuvre du grand dramaturge américain Tennessee Williams.
La mise en scène est de Compagnie de Molière, protagoniste Pamela Villoresiflanquée de Elisa Silvestrin, Maurizio Palladino et Alberto Caramel, pour le réalisé par Giuseppe Abidi.
La représentation romaine du drame survient au moment où le théâtre en Italie aurait besoin d'entrée pour la valeur de ce qu'il représente et qui la représente. Dans ce cas, très intéressant cast et directeur également qualifié. Nous espérons grandement que l'entrée, tout le théâtre de qualité et particulièrement à celle de la prose.
Certainement un spectacle à déguster et qui évoque la figure de l’auteur, trop souvent dans l’ombre, comme tous les grands dramaturges contemporains qui ont signé des chefs-d'œuvre d’un théâtre qui, dans sa modernité, peut toujours être appelé « classic » et certainement intense, profonde et addictif.
Digne occasion, donc, de se rappeler Williams, célèbres aussi pour « un tramway nommé désir, » « chat sur un toit brûlant », « tout à coup last summer » et plusieurs autres œuvres de scène et concernant avec les images.
Tennessee Williams, drammaturgo, scrittore, sceneggiatore e poeta statunitense si chiamava in realtà Thomas Lanier Williams. Era nato a Columbus, nel Mississippi, nel 1911, da Cornelius Coffin e Edwina Dakin Williams. Sarebbe morto a New York il 25 febbraio 1983.
Fin da bambino la sua condizione di omosessualità lo portò a soffrire, almeno nei primi anni, della propria natura, della quale fu deriso perfino dal padre. Tom aveva un fratello, Dakin, e una sorella, Rose, che molto presto mostrò segni di disturbo mentale, dall’ansia alla schizofrenia.
Thomas si laureò nel 1938 all’ University of Iowa, nello stesso anno in cui la sorella fu rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Poco più tardi, Rose fu operata al cervello con una lobotomia, che la ridusse in stato vegetativo. Williams non perdonò mai la madre per aver acconsentito a questa operazione e per anni sentì un profondo senso di colpa nei confronti della sorella. Al tempo stesso, soffriva anche lui di attacchi di panico e temeva di fare la stessa fine. Per tutta la vita soffrì di depressione e sfiorò anche l’alcolismo.
L’anno successivo alla laurea, dopo aver vinto mille dollari dalla Fondazione Rockefeller per i suoi atti unici “American Blues”, adottò il nome di battesimo Tennessee.
Il dramma “Lo zoo di vetro” fu Il suo primo grande successo, nel 1944, ma Williams scriveva per il teatro già da un decennio. La sua prima opera rappresentata fu “Candles to the Sun”, del 1937, mai tradotta in italiano. In precedenza, nel ’35 e nel ’36, erano stati messi in scena dei brevi atti unici da compagnie amatoriali. Recentemente, anni dopo la morte dell’autore, sono stati recuperati alcuni inediti dell’epoca precedente alla celebre opera teatrale in questione.
La prima rappresentazione de “Lo zoo di vetro” ebbe luogo al Civic Theatre di Chicago nel 1944.
L'INTRIGUE
L’azione si svolge alla fine degli anni ’30 del XX secolo. Amanda ha cresciuto i suoi due figli da sola, dopo che suo marito li ha abbandonati. La donna, volitiva ed energica, viene dagli Stati del Sud, dove era ammirata per la sua bellezza, e prova ancora rimorso per aver lasciato tutto e aver seguito suo marito.
Il suo rapporto con Tom e Laura oscilla tra il tenero e l’eccessivo; in particolare la donna si preoccupa del futuro di Laura, resa zoppa da una malattia e pertanto introversa e chiusa: ella si è chiusa in un suo mondo di illusioni, e passa tutto il suo tempo ad ascoltare vecchi dischi, leggere romanzi e soprattutto accudire una collezione di animaletti di vetro.
Tom lavora in una fabbrica di scarpe per mantenere Laura e Amanda, ma la vita noiosa e banale che conduce (nonché la morbosa presenza della madre) lo rende irascibile. Il ragazzo tenta senza successo di diventare un poeta, e cerca conforto recandosi al cinema a tutte le ore della notte per vivere delle avventure almeno con la fantasia. Questo scatena l’ansia di Amanda, che teme suo figlio sia un alcolizzato come il padre.
Un giorno Amanda scopre che Laura, a causa della sua timidezza, ha lasciato il corso da segretaria che stava seguendo. In passato era accaduta la stessa cosa per il liceo. La donna diventa allora ossessionata dall’idea di trovarle un marito che le garantisca un futuro sereno; la ragazza non ha però alcun interesse nel trovare eventuali corteggiatori, così sua madre prega Tom di trovarle un pretendente.
Per liberarsi dalle pressioni di sua madre, Tom invita così Jim, un amico di vecchia data che ora lavora con lui alla fabbrica. Amanda si dedica completamente all’allestimento della cena; quella sera però Laura comprende che Jim altri non è che un ragazzo che ai tempi del liceo le piaceva moltissimo, così all’arrivo del ragazzo viene soggiogata dalla sua timidezza e non riesce nemmeno a sedersi con gli altri a cena.
Durante la cena, improvvisamente la luce va via (Tom si è così disinteressato alla famiglia che aveva scordato di pagare la bolletta). Con uno stratagemma Amanda riesce a fare in modo che Laura e Jim rimangano da soli perché parlino e si conoscano.
I due ragazzi si trovano così a parlare a lume di candela, e pian piano Jim riesce a vincere la ritrosia di Laura, che gli confessa quanto lui le piacesse in passato. Jim, con molta tenerezza, dice che i suoi problemi sono causati esclusivamente dalla sua insicurezza, e che lei dovrebbe prendersi maggior cura di sé perché la trova una splendida ragazza.
I due si trovano così a danzare insieme, ma con un brusco movimento Jim fa cadere un unicorno di vetro che fa parte della collezione di Laura, spezzandogli il corno. Subito dopo lui la bacia, ma quasi immediatamente dopo le confessa di essere già promesso sposo a un’altra donna. Laura gli dona l’unicorno spezzato come regalo di nozze prima di chiudersi in un ostinato e doloroso silenzio; al ritorno di Amanda e Tom, Jim se ne va.
Quando Amanda viene a sapere del fidanzamento di Jim, si infuria con Tom perché ritiene che lui ne fosse fin dall’inizio a conoscenza, e lo caccia di casa. Nel soliloquio finale Tom spiega che dopo quella sera lui abbandonò Amanda e Laura e non tornò mai più da loro, anche se il loro ricordo lo aveva tormentato per tutta la vita; chiede così a Laura di “souffler les bougies”, ossia di lasciare che lui la possa dimenticare.
Mentre lui esce, Laura spegne effettivamente le candele che hanno illuminato la scena.
La prima idea per “Lo Zoo di Vetro” fu un racconto che Williams scrisse nel 1934, dal titolo “Ritratto di una Ragazza di Vetro”, che conteneva dei forti riferimenti autobiografici riferibili all’autore.
Il protagonista porta addirittura il suo stesso nome, Thomas, mentre il personaggio di Laura si basa sulla vita di sua sorella Rose. Addirittura nella rappresentazione viene spesso detto che il soprannome della ragazza sia Blue Rose.
In Laura traspaiono elementi propri dello stesso autore: l’introversione e la timidezza appartenevano al Tennessee Williams degli anni della giovinezza e l’ossessione per lo zoo di vetro di Laura riflette i sogni e le fantasie dell’autore da giovane.
Gli elementi autobiografici del dramma convergono in un unico tema, quello della memoria, che persiste nel corso di tutta la rappresentazione: la storia viene vista attraverso gli occhi di Tom, filtrata dai suoi sentimenti e dai suoi ricordi; i caratteri dei personaggi che gli girano intorno risultano discontinui e grotteschi, come “déformé” dal tempo passato e dalle sensazioni contrastanti nei riguardi di madre e sorella.
Un altro grande tema del dramma è il rapporto col proprio ego: tre dei quattro personaggi agiscono esclusivamente per il proprio tornaconto personale, travestendolo da azioni altruiste.
Lo zoo di vetro di Laura che dà il titolo all’intera opera simboleggia la principale chiave di lettura del dramma ed è l’immagine del mondo interiore di Laura, fatto di fragili illusioni. Gli animali di vetro sono fragili e apparentemente dozzinali, ma se illuminati dalla giusta luce rivelano tutti i colori dell’arcobaleno: diventano, in pratica, un’immagine di Laura stessa, psicologicamente debole e di aspetto scialbo, ma in realtà più umana e virtuosa degli altri personaggi.
La lunga scena del dialogo tra Laura e Jim è caricata di un forte simbolismo: Jim rompe il corno dell’unicorno di vetro, la statuetta preferita di Laura, che così diventa un “cheval simple” come tutti gli altri; lo stesso oggetto gli sarà poi regalato dalla ragazza. Tutto questo allude alla storia stessa della protagonista: le premure che Jim le usa sembrano trasformarla per un attimo in una ragazza “normal”, a scapito della sua unicità, fatta di bellezza e fragilità; ma la “violence” che si nasconde in queste premure fa sì che la ragazza si rompa come la statuina. Il fatto che ella gliela regali, infine, rappresenta ciò che ha perso in tutta la faccenda e ciò che lui le ha tolto con la sua falsità.
Appuntamento al teatro dell’Angelo, in questo novembre 2015, quindi per questa rappresentazione romana del dramma del grande drammaturgo contemporaneo: ben vengano capolavori come “Lo zoo di vetro” anche presso il grande pubblico, quando degnamente riproposti sulle scene.
Dalila Calisolo
PHOTOS AA.VV.