di Natalia Di Bartolo – Giuliano Carella dirige il celebre Ensemble al Teatro Massimo Bellini di Catania.
I Solisti Veneti sono un’istituzione italiana indiscutibile. La loro presenza è un richiamo e andare ad ascoltarli è imprescindibile per gli appassionati.
Con questo stato d’animo il pubblico delle prime della Stagione dei Concerti al Teatro Massimo Bellini di Catania, il 3 gennaio 2025, si è accostato all’ensemble pluripremiato e celeberrimo, fondato dal compianto Maestro Claudio Scimone ben 65 anni fa. Il M° Giuliano Carella, suo allievo e successore, oggi lo dirige ancora in bellezza, in giro per il mondo.
Dunque, che la serata musicale iniziasse con il Concerto a cinque in FA maggiore per archi e basso continuo, op. 5 n. 2 di Tomaso Giovanni Albinoni e proseguisse nella prima parte con il Concerto in MI minore per violino, archi e basso continuo, op. 11 n. 2 “il favorito”, RV 277, di Antonio Vivaldi, in cui ha brillato da solista il violinista siciliano Enzo Ligresti, non ha destato particolare meraviglia nel pubblico, che ha molto apprezzato.
Ma, sempre nella prima parte del Concerto, a dimostrazione delle versatilità e della volontà dell’ensemble di apertura del proprio repertorio al prosieguo del tanto amato Barocco, è stata eseguita la “Fantasia su La Sonnambula di Bellini” di Giovanni Bottesini, per contrabbasso e archi , IGB 6, in cui si è mostrato protagonista lo strumento solista, suonato da Gabriele Ragghianti.
Di fantasie e riduzioni da opere esistono infinite versioni per ogni genere di strumento: in quella del Bottesini si nota la peculiare duttilità di uno strumento imponente come il contrabbasso nel “sostituirsi” alla vocalità del soprano nei temi più noti del capolavoro belliniano. Inconsueta e interessante, ovviamente, la scelta di inserire in programma un brano di questo genere, al quale ha fatto eco, nella seconda parte della serata, la “Fantasia su La Traviata di Verdi” per violino e archi, op. 50 di Antonio Bazzini. Le difficoltà tecniche di questo brano per violino solista hanno richiesto il virtuosismo di Lucio Degani.
Il Quartetto in MI minore (versione per orchestra d’archi dell’autore) di Giuseppe Verdi, su temi da La Traviata, in tema con la scelta verdiana precedente, ha concluso il programma ufficiale del concerto, ma la vera chicca della seconda parte si è dimostrato il Concerto per Archi di Nino Rota.
Brillante, moderno e ricco di spunti armonici e melodici, ha impegnato la compagine intera in una sortita nella modernità che ne ha esaltato le capacità e le ben riposte scelte anche verso la contemporaneità.
Il Maestro Giuliano Carella, che ha pure presentato i brani del concerto, su un podio virtuale ha coordinato con il consueto garbo l’intesa del gruppo dei solisti.
Applausi scroscianti, al finale, che hanno regalato al pubblico due bis di Vivaldi. Al che lo spettatore, comunque affascinato da qualsivoglia digressione “moderna” del programma fino ad allora ascoltata e apprezzata, avrebbe voluto che, soprattutto al secondo bis, il concerto continuasse, sondando ancora e ancora proprio il genio del “prete rosso”, eseguito solo nella prima parte del concerto, ma per il quale I Solisti Veneti, in quei due bis fuggevoli hanno dato il meglio e che aleggia indiscusso, sempre, nell’ispirazione e nelle esecuzioni di questo gruppo straordinario.
Natalia Di Bartolo
Foto di Giacomo Orlando