CASPAR DAVID FRIEDRICH : la solitudine dell’Artista –

Focus di Natalia Di Bartolo sull’Opera d’Arte “Il viandante sul mare di nebbia” del genio romantico tedesco –


Questa è l’interpretazione che di solito viene data allo splendido quadro dell’artista tedesco Caspar David Friedrich (nato a Greifswald il 5 settembre 1774 e morto a Dresda il 7 maggio 1840), dipinto nel 1818 e che divenne il Manifesto del Movimento Romantico:

“Il sentimento che il celebre esponente dell’arte romantica Caspar David Friedrich vuole mettere su tela attraverso quest’opera è il sublime, tema molto caro agli artisti romantici, tanto pittori quanto letterati: si tratta di una sensazione fatta di meraviglia, sorpresa, attrazione, ma anche di sgomento, paura, preoccupazione. È una forza che attrae il viandante verso l’infinito mare di nebbia, ma che al tempo stesso lo turba, lo rende impotente. La natura prevale dunque sull’uomo – spesso rappresentato come una piccola figura nera nei dipinti di Friedrich – e il viaggiatore non può fare altro che ammirarla in silenzio, inerme. Il pittore dipinge quindi non soltanto semplici paesaggi, ma stati d’animo, emozioni umane.” (Fonte Ars Europa)

CASPAR DAVID FIEDRICH, “Il viandante sul mare di nebbia”, 1818, olio su tela, Kunsthalle, Amburgo.

Il pittore, che compì i suoi quadri più celebri in gioventù e che per tutta la vita fu afflitto da problemi esistenziali e fisici di tipo cerebrale e depressivo, paragonò spesso i propri paesaggi a temi religiosi, a cominciare dalla sua celebre e discussa “Croce in montagna”, per proseguire proprio con il dipinto in questione, in un momento positivo della sua vita personale e della sua attività pittorica, che col tempo decaddero pietosamente e che lo videro spegnersi a 66 anni, in miseria, ormai ignorato dai più.

Quindi, in realtà, anche un’altra interpretazione può essere data al dipinto in questione, tenendo conto della poetica e delle tematiche del Friedrich e la figura bionda dalle chiome scomposte, sia pure vista di spalle, può intendersi come un autoritratto dell’artista in seno a quella Natura che egli per primo fece diventare protagonista e soggetto dei dipinti, non più “contorno” o semplice “sfondo di paesaggio”.

L’artista, il “viandante” soggetto del dipinto, colui che anela alla perfezione, la ricerca, la persegue e spesso dispera di raggiungerla perchè soverchiato dal potere della Natura, non è per niente smarrito: ha superato, grazie all’Arte, ogni scomposto livello di turbolenza sulla superficie della terra ed ora, giunto sul picco più alto raggiungibile, resta in comunicazione solo con ciò che s’identifica con un Infinito finora soltanto anelato, una vicinanza al Creatore che permea di se stesso l’intera Natura.

Il pittore tedesco considerava il paesaggio naturale come opera divina, dunque il suo personaggio la sua Rüchkenfigur, guarda giù quello che ha lasciato non con un sentimento di smarrimento o, men che meno, di disprezzo, né di attrazione, ma conscio di essersi elevato ad un livello che adesso, in assoluta solitudine, gli consente di guardare tutto il resto del mondo dall’alto e di sentirsi chiaramente e pienamente parte anch’egli dell’Infinito naturale.

Gerhard von Kügelgen: ritratto di Friedrich, 1810–20 c.a

«Io mi avvolgo nel mio bozzolo e facciano altrettanto gli altri, e aspetto di vedere cosa verrà fuori, se una farfalla o un bruco»

Caspar David Friedrich

Lo smarrimento, semmai, può essere colto nel sentirsi solo con gli Elementi e nel sentirsi parte della Natura stessa, ma in una fase d’interazione e comunicazione con essa a cui è giunto nel suo cammino da viandante, fase ora privilegiata, della quale, forse, si rende conto solo adesso. Sopra di lui il cielo è sereno, nulla turba la sua condizione, mentre si rende conto che è laggiù, da dove proviene, che il mare di nebbia incute soggezione e sensazione d’inadeguatezza e di “piccolezza” e impotenza di fronte a tanto Potere della Natura.

Adesso è solo fra ciò a cui tendeva e ciò che lo ha ispirato nell’esprimersi e che ha temuto e terrorizzato nel suo cammino fino a lì; ma è come stupito della serenità che lo circonda e di se stesso; ed orgoglioso di avere ai propri piedi tutto ciò che d’ingovernabile, soverchiante, pauroso aveva avuto nell’ascesa, insieme al resto dell’Umanità che laggiù è rimasta, che è estranea all’Arte, e dunque, nella maggioranza, non tenta né osa neanche vagabondare, né tanto meno ascendere.

E’ conscio altresì che non è umanamente possibile, neanche con i mezzi privilegiati dell’Arte, ascendere ancora: non ha più appigli e sopra di lui esiste un’altra infinita parte dell’Infinito. Ma essa non appartiene neanche all’Arte, appartiene esclusivamente alla Creazione, in una palese ammissione dell’esistenza di un Potere superiore che anche lassù la governa, insieme a tutto il resto, ma che ai viventi non è ancora dato esplorare.

Natalia Di Bartolo ©

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