Recensione di Natalia Di Bartolo – Simone Migliorini grande interprete di Shakespeare con la drammaturgia di Nicola Fano, a Volterra –
Un suono forte, penetrante, continuo; un buio inquietante; e da quel buio l’apparizione di forme sinuose e misteriose, ambivalenti per sesso e per ruolo, su cui il il rosso sangue e le lance affisse in terra campeggiano già a monito di ciò che nello spettacolo verrà a crearsi ed esprimersi. Si apre un sipario virtuale e la musica cambia, fino a tacere…Sembra il palcoscenico di una tragedia greca ed il fascino del luogo, con alle spalle la scenografia impareggiabile del teatro romano di Volterra, compie l’avvio del miracolo dell’arte scenica.
Il protagonista è Bruto, il celebre ideatore, con Cassio, della congiura delle Idi di Marzo del 44 a.C., l’uccisore di Cesare. Egli entra in scena chiamando a gran voce Cassio, il suo alter ego: ci troviamo a Filippi, dove entrambi i congiurati hanno già combattuto e perduto contro le truppe di Marco Antonio, resosi garante della giustizia nei confronti di Cesare e di Roma.
Una suggestione profonda invade il pubblico, che tace nel più religioso silenzio, di fronte all’incipit di uno spettacolo che si palesa da subito di gran classe. La storia scritta sui libri si materializza sul palcoscenico con le parole di Shakespeare, parole infinite, immortali, eterne. Lo spettatore ascolta, gli appare un simbolico campo di battaglia e di morti su cui Bruto, sconfitto, ferito, quasi morente, striscia e invoca e si guarda intorno stranito, sconvolto all’apparizione del fantasma di Cesare.
Bruto è Simone Migliorini, che dice, geme, grida, modula quelle frasi della tragedia shakespeariana e le fa sue, come sono state generate, anche nell’adattamento dal “Giulio Cesare” di Shakespeare, dalla penna del drammaturgo Nicola Fano, che ha lavorato sul testo mettendo a fuoco la figura più controversa, quella del capo dei congiurati, dell’assassino di Cesare, appositamente per Migliorini, che ancora sopra vi ha studiato ed approfondito testo e personaggi.
“Tu quoque, Brute, fili mi!”: queste parole non dette risuonano nel cervello dello spettatore e lo fanno fremere, quando, ad un tratto, Bruto inizia a parlare con le parole di Amleto, in un interfacciarsi studiato e sviscerato appositamente per questo spettacolo E dunque, Amleto, che sgorgò dalla penna del Bardo subito dopo Giulio Cesare, adesso si guarda allo specchio e vede Bruto…e viceversa. Entrambi potenti, entrambi assassini, entrambi giustizieri o carnefici? Quesito irrisolvibile, ma dall’interesse profondo, poiché le parole di Amleto sembrano scritte per Bruto e quelle di Bruto per Amleto. Ma qui Bruto, nello snodarsi dello spettacolo, diventa anche Macbeth, anche Enrico V, anch’essi tiranni, anch’essi assassini, soldati, coraggiosi o vigliacchi, grandi o infami, in un fluire di parole e celeberrime frasi, dette, piante, recitate, soffiate, sussurrate, urlate da Simone Migliorini che con questa prova si conferma un interprete di alto livello.
Quel che colpisce è la capacità del protagonista di tramutarsi, di volta in volta, da Bruto in altri personaggi, perfino in Marco Antonio. Gli basta un cambio di costume, in scena. Ed è qui che Bruto guarda Antonio negli occhi e Antonio scruta Bruto, sdoppiati dallo stesso interprete in un virtuosismo che gli è estremamente congeniale. L’attore è capace di saper essere, insieme, colui che uccide e colui che esalta l’ucciso; colui che è in preda a dubbi e rimorsi ma è fiero d’amore per Roma e per la sua libertà e colui che esalta e celebra il trucidato Cesare davanti al popolo, con in mano il suo testamento, nella celeberrima Orazione che è da sempre cavallo di battaglia dei più grandi attori.
Mai, prima d’ora, la figura di Bruto era stata così profondamente studiata, rivissuta, sbozzata e infine scolpita, come nel marmo. Ma giusto lo sdoppiamento del personaggio con il suo rivale, nello stesso tempo, coglie un altro aspetto alla rovescia, questa volta riguardante Marco Antonio. Che dire anche di lui? Sta fra i tiranni e gli assassini o fra i patrioti e i propugnatori e difensori della libertà a costo di spargere sangue? Anche questa risposta resta sospesa.
Nulla, però, in questo spettacolo è lasciato al caso: impianto compositivo classico, quanto a drammaturgia, come quello di una tragedia greca, con “episodi”, “stasimi”, “prologo” ed “esodo”; un susseguirsi di scene abilmente congegnate, dove anche gli altri personaggi sono se stessi e subito dopo diventano altri, sempre presenti, sempre partecipi. L’unico assente, ma costantemente presente in palcoscenico, è Cassio, perché la sua figura, pur invisibile, è incombente, è evocata dalla presenza stessa di Bruto. E poi ecco anche Porzia, la delicata, dolce consorte del tirannicida, capace di uccidersi alla notizia della sconfitta dell’amato consorte a Filippi; e Calpurnia, consorte del tiranno con i suoi folli incubi premonitori; e Cesare stesso, pugnalato sotto la statua di Pompeo, una, due, tre…ventitré volte.
Fondamentale per la riuscita dello spettacolo anche la regia accorta, intensa ed elegante, dello stesso Migliorini, propensa all’onirico: sulla scena ci sono cadaveri, ma non c’è sangue, sulla scena avvengono uccisioni, efferatezze, ma tutto è giocato sulla forza della parola, del gesto, dell’immaginazione. Lo stesso Cesare -interpretato con efficacia da Marco Olivieri- viene ucciso con semplici gesti ed il suo corpo sarà simboleggiato da un cappotto/mantello, come più avanti il cadavere di Bruto. Azione, simbologia, parola, in un equilibrio tra reale-immaginario-immaginato di grande suggestione.
Lo spettacolo si snoda armonico, dotato anche di un ensemble corale anch’esso da tragedia greca, che dà vita, all’unisono, anche al sublime “Canto del popolo in guerra”, ricavato dal famoso monologo della prima scena del terzo atto di “Enrico V” ed ai movimenti coreografici, fin di danza, creati dal Maestro Aurelio Gatti e affidati alla sua assistente, nel ruolo di una sorta di Corifeo muto, Laura Giuntoli, formatasi all’Opera di Berlino: uno “spettacolo multidisciplinare”, si direbbe oggi.
Lo spettatore è attonito e incantato, ma il quesito che riguarda la vera natura di Bruto, che il personaggio stesso cerca di analizzare ed approfondire senza riuscirci, rimane, così come prevedibile e giusto, alla fine dello spettacolo, la quaestio ormai millenaria ed irrisolvibile che è sempre stata.
Prodotto dall’Associazione Culturale Gruppo Progetto Città/Festival Internazionale Teatro Romano, lo spettacolo “Bruto per Simon Domenico Migliorini” , conclusivo del XX Festival internazionale del Teatro Romano, è andato in scena il 5 ed il 7 agosto 2022.
Doppio sold out e applausi sentiti e prolungati, dopo un’ora e mezza di grande Teatro, grazie anche all’eccellente, talentuoso cast: Ilenia Veronica Raimo, anche assistente alla regia, nel ruolo di Porzia; Marco Olivieri-Giulio Cesare, come prima accennato; ma anche la forza espressiva di Ermelinda Çakalli, alla quale è stato affidato il ruolo di Calpurnia, e poi Federica Lucia Gurrieri e Davide Raffaello Lauro…Di volta in volta tutti insieme nelle svariate interpretazioni dei congiurati, del popolo, dei servitori, dei soldati.
I movimenti scenici, si è detto, sono stati curati da un grande coreografo come Aurelio Gatti; le musiche originali suggestive, molto apprezzabili, composte in una colonna sonora apposita da David Dainelli, musicista di grande talento e sensibilità, colui che scrive per quasi tutti gli spettacoli di Migliorini; i bei costumi, senza tempo per colore e fattura, disegnati e realizzati da Gabriella Panza e infine il trucco, curato da una giovane make up artist albanese: Ilda Kapplani.
Per questo “Bruto”, dunque, nato sotto la stella dell’Arte, si auspicano lunga fortuna e molte, molte repliche.
Natalia Di Bartolo ©
XX FESTIVAL INTERNAZIONALE TEATRO ROMANO VOLTERRA
nell’ambito del programma di Volterra ’22 Prima Città Toscana della Cultura
“BRUTO per Simon Domenico Migliorini”
di Nicola Fano, dal “Giulio Cesare” di Shakespeare
Produzione Gruppo Progetto Città / Festival Internazionale Teatro Romano Volterra
Adattamento drammaturgico e regia Simon Domenico Migliorini
Assistente alla regia Ilenia Veronica Raimo
Movimenti scenici Aurelio Gatti
Assistente ai movimenti scenici Laura Giuntoli
Musiche originali David Dainelli
Disegno luci e audio Paolo Morelli
Costumi Gabriella Panza
Trucco e parrucco Ilda Kapplani
Con
Simon Domenico Migliorini
e
Ermelinda Çakalli, Laura Giuntoli, Federica Gurrieri,
Davide Raffaello Lauro, Marco Olivieri, Ilenia Veronica Raimo
Foto: Gruppo Fotografico GIAN Volterra – Deborah Raimo – Paolo Malasoma