Roberto Alagna è LOHENGRIN a Berlino – Recensione di Natalia Di Bartolo – Il tenore franco/siciliano debutta nel repertorio tedesco allo Staatsoper Unter den Linden –
Nel deserto che può sembrare infinito di un Teatro in “era covid,” tra gli applausi virtuali ricevuti dagli artisti con la mascherina sul volto, allo Staatsoper Unter den Linden di Berlino, il 13 dicembre 2020, ha risuonato l’esecuzione del capolavoro wagneriano “Lohengrin”.
Capacità di messa in scena di grande coraggio e intraprendenza, stanti le condizioni della pandemia, a teatro vuoto, ma con un pubblico comunque presente e ovviamente da tutto il mondo, che ha seguito in diretta, differita di qualche ora, l’esecuzione dell’opera in streaming.
Curatissima dal maestro Matthias Pintscher, nei tempi e nelle dinamiche, la musica del genio tedesco si è imposta con forza e capacità di coinvolgimento, affidata all’orchestra Staatskapelle Berlin, che è parsa estremamente motivata. Tutto l’insieme, compresi i brani orchestrali che punteggiano l’Opera, ha dato un risultato di alto livello sonoro, godendo infatti la produzione di un cast di grandi capacità e professionalità.
Al debutto nel ruolo del titolo, Roberto Alagna è comparso in scena con levità tutta spirituale; il che ha lasciato prevedere, confermandone poi l’anticipazione, nessun eccesso da parte sua, né vocale né scenico: di gran gusto, lineare, composto, misurato nel fraseggio con grande cura dello stile, il celebre tenore ha interpretato Lohengrin moderando l’impeto teutonico proprio del ruolo ed eliminando qualsiasi platealità: sembrava poggiare appena sulle tavole del palcoscenico, era diafano, volutamente quasi angelico nelle movenze. Però, ad interpretazione scenica inconsueta e di gran classe corrispondeva il dato di fatto che vocalmente l’eroe wagneriano ci fosse tutto e fosse solo se stesso: nessun indulgere a nessun personaggio dell’immenso repertorio italiano o francese che il grande tenore frequenta da sempre. Roberto Alagna, per la prima volta impegnato in un ruolo del repertorio tedesco, “era” Lohengrin, anche nella fluidità della pronuncia, nell’affrontare l’improba tessitura, nel culminare, nella scena della camera nuziale e al finale soprattutto, in una interpretazione di finissima qualità vocale. Una sorta di eroe-antieroe, quindi, senza per nulla snaturare né il personaggio né il ruolo, ma anzi imponendosi da protagonista di grana raffinatissima e di studio infinito, mediando con forte personalità tra Thill e i grandi interpreti tedeschi della tradizione. Tutto ciò porta a sperare di riascoltarlo e rivederlo presto nello stesso ruolo.
Efficace in scena l’Elsa von Brabant di Vida Mikneviciute, anch’ella al debutto nel ruolo. Un po’ algida, ma assolutamente coerente, di spessore vocale rilevante, il soprano lituano ha affrontato la parte impegnativa con competente accortezza.
Di pregnanza interpretativa la performance di Ortrud, Ekaterina Gubanova, la migliore in scena tra i due personaggi femminili, alla quale ha dato una marcia in più la platealità della cattiveria.
Un René Pape all’altezza della propria fama ha dato vita al re Heinrich der Vogler; il baritono Martin Gantner, Friedrich von Telramund, ha affiancato la moglie Ortmund in efferatezza e buon canto tedesco; reso dalla regia una sorta di giullare, ma bene in parte l’Araldo del re, Adam Kutny; impegnato lo Staatsopernchor, anche a seguire i dettami registici.
E, giungendo proprio a questo dato della messa in scena, si sottolinea come Calixto Bieito abbia creato una regia visionaria secondo il suo solito, spesso inintellegibile e apparentemente immotivata, in abiti moderni di Ingo Krügler, nell’ambiente scenico ideato da Rebecca Ringsts e illuminato dalle luci di Michael Bauer; a volte, invece, azzeccata, soprattutto nella scena prima del secondo atto tra i due crudeli coniugi, su una gradinata disseminata di bambole a pezzi, e nel finale, con il giovane Goffredo, che si avvia al proscenio zuppo d’acqua, affiorandone dopo il terribile annegamento attribuito ingiustamente alla sorella Elsa, incrociando l’eroe protagonista, il quale, riportandolo al suo ruolo di Duca di Brabante, concluso il proprio compito in tutto e per tutto, sembra svanire.
E il celebre cigno? Un bianco origami nelle mani del protagonista è stata forse la presenza più significativa del simbolo della leggenda dell’eroe Lohengrin, anch’essa, evidentemente, come tutte le leggende, ritenuta labile e volatile come la carta.
Natalia Di Bartolo ©
Dalla pagina ufficiale Facebook del M° Roberto Alagna www.facebook/RobertoAlagna.tenor un estratto tradotto in inglese:
– REVIEW | ❝A protagonist of a very refined kind and endless exploration, mediating with a strong personality between Thill and the great German performers of the tradition. Full spiritual ease. Nuanced phrasing and great attention to the style. High-class, tasteful, tranquil interpretation with no excess, neither vocal nor scenic. Ethereal and deliberately almost angelic on the stage floor. Fluent pronunciation. Mastery of the tessitura’s difficulties. ❞ by Natalia Di Bartolo for
PHOTOS www.facebook/RobertoAlagna.tenor and Monika Rittershaus