PIETRO IL GRANDE KZAR DELLE RUSSIE di Donizetti a Bergamo – Recensione

PIETRO IL GRANDE KZAR DELLE RUSSIE di Donizetti a Bergamo – Recensione di William Fratti – Uno spettacolo figurativo fortemente ispirato all’avant-garde russa –


Proseguendo il lavoro di ricerca scientifica, nonché il ciclo #Donizetti200 iniziato lo scorso anno con Enrico di Borgogna, il Donizetti Opera – vincitore dei berlinesi Oper! Awards 2019 – riporta in scena Pietro il Grande, Kzar delle Russie, le cui uniche rappresentazioni in epoca moderna risalgono ai festeggiamenti per il trecentesimo anniversario della fondazione di Sanpietroburgo nel 2003.

Ondadurto Teatro – Marco Paciotti e Lorenzo Pasquali, debuttanti nel mondo dell’opera, portano al Sociale uno spettacolo figurativo fortemente ispirato all’avant-garde russa, Vassily Kandinsky, Vladimir Majakovskij, nonché Oskar Schlemmer, trovando così un modo per omaggiare i principi di modernità del grande imperatore. La loro regia è altamente funzionale, ben orientata alla caratterizzazione dei personaggi, con buoni movimenti dei protagonisti e del coro. Il solo anello debole è rappresentato dai macchinari scenografici, troppo vistosamente ferraglia, dunque discosti dal principio generale del colore qui proposto, in cui prevale il giallo riconducibile al calore spirituale secondo Kandinsky. Anche il video, con qualche accorgimento in più, avrebbe potuto essere più amalgamato allo spettacolo, senza invece risultare un poco invasivo. Ondadurto si avvalgono dei simpaticissimi costumi di K.B. Project, ma un grande plauso va soprattutto ai realizzatori di trucco e parrucco. Efficace il progetto luci di Marco Alba.

Trovare un esperto del repertorio barocco come Rinaldo Alessandrini alla guida di questo melodramma è sicuramente un’esperienza di alto valore culturale, poiché il direttore permette un ascolto mai invaso dal Donizetti maturo, ma lascia uscire completamente le consuetudini musicali del primo ventennio del XIX secolo, Rossini in primis. L’intero movimento musicale lungo tutta la vicenda è sempre omogeneo, pulito e ricco di stile. Ottima l’Orchestra Gli Originali che suona strumenti dell’epoca, permettendo un ascolto molto più fedele all’originale, appunto. Eccellente il Coro Donizetti Opera preparato da Fabio Tartari.

Roberto De Candia, nel ruolo del titolo, riconferma la sua consueta professionalità musicale e artistica, rendendo un personaggio giusto e autorevole, con una vocalità matura che esprime pienamente queste qualità. Nei virtuosismi non possiede più l’elasticità di un tempo, ma è poca cosa in confronto al suo saper fare davvero belcanto.

Paola Gardina è una Madama Fritz sinceramente sorprendente. La sua cavatina di sortita, di gusto tipicamente rossiniano, potrebbe quasi essere affiancata all’aria di un ruolo Colbran. Agilità puntuali, acuti sostenuti, note basse di elegante emissione mista, qualità che la contraddistinguono fino al bel rondò finale. Sarebbe interessante riascoltare la Signora Gardina in un teatro più grande e con una differente orchestra per comprendere appieno le sue doti.

Meritato appieno il successo personale di Marco Filippo Romano nei panni del Magistrato, brillante vocalmente ed eloquente fraseggiatore, si mette in mostra non solo per le consuete qualità buffe, qui sempre sorrette da suoni puliti, ma anche per gli acuti luminosissimi.

Buona la prova di Francisco Brito, che sa rendere un buon personaggio ed è dotato di una delle più belle voci del panorama leggero del belcanto italiano, ma purtroppo è spesso spoggiato e poco intonato, soprattutto nelle note basse.

Brava la limpida Annetta di Nina Solodovnikova e pure ben preparata la Caterina di Loriana Castellano.

Abbastanza efficaci i ruoli di contorno di Tommaso Barea come Firman-Trombest, Marcello Nardis come Hondedisky, Stefano Gentili come notaio.

William Fratti

PHOTOS © Gianfranco Rota