Editions: AURELIANO IN PALMIRA di Rossini – Aureliano in Palmira occupa una posizione importante nel lungo catalogo rossiniano –
By William Fratti
Aureliano in Palmira occupa una posizione importante nel lungo catalogo rossiniano, poiché pur trattandosi di una vicenda vecchio stile, il libretto di Romani si compone di versi piuttosto moderni e la musica di Rossini appartiene a quella linea romantica che, iniziata già con Tancredi composta pochi mesi prima, si protrarrà fino a Guillaume Tell.
Non a caso molte delle pagine scritte per quest’opera saranno rivisitate e riutilizzate per altri capolavori. Gli esempi più emblematici, solo per citarne alcuni, sono la sinfonia e il rondò di Arsace che troveranno ben due nuovi inizi, prima in Elisabetta Regina d’Inghilterra, poi ne Il barbiere di Siviglia. Ma si tratta solo di una piccola parte: un orecchio attento potrebbe individuarne molti altri.
Il Festival Rossini in Wildbad occupa una posto rilevante accanto al fratello maggiore di Pesaro, poiché si avvale di diverse revisioni sugli spartiti, con contributi da altre fonti, dimostrando che c’è ancora molto da dire in merito alla musica del geniale compositore. In questa occasione, registrata live nel luglio 2017, ci si è serviti della revisione di Ian Schofield per Edition Peters.
José Miguel Pérez-Sierra, alla guida dei Virtuosi Brunensis, dirige con estrema cura per i dettagli, soprattutto negli accenti e nelle intenzioni, risultando particolarmente omogeneo pur nel cambio di carattere, dal marziale al drammatico, dal tragico al patetico.
Il ruolo del titolo è affidato al bravissimo Juan Francisco Gatell, che nei cantabili dimostra palesemente le sue qualità di interprete rossiniano, nella correttezza musicale, nell’eleganza, nello stile e nel fraseggio. Purtroppo ha a che fare con una parte più grande di lui, scritta per baritenore, con salti da gravi baritonali ad acuti estremi, tale per cui appare eccessivamente affaticato, poco solido nelle note più basse e troppo tirato o addirittura calante in quelle più alte, ma si tratta di poco, essendo queste caratteristiche relegate alle sole arie, mentre duetti e pezzi d’assieme risultano di ottima esecuzione.
Silvia Dalla Benetta è una Zenobia sicura, in grado di assumere colori aspri nelle parti più marziali, per lasciare spazio a sfumature morbide e raffinate nei passaggi più dolci e patetici. Il suo Rossini è di pregevole fattura, ben centrato nelle intenzioni e nei fraseggi, coadiuvato da agilità di forza egregiamente eseguite, arricchite da interessanti variazioni.
Marina Viotti è da considerarsi una vera fuoriclasse. Il suo Arsace, protagonista effettivo dell’opera, è di un romanticismo tale da essere seducente, sostenuto da una tecnica assolutamente ineccepibile.
C’è da augurarsi da poter riascoltare presto questi artisti, non solo a Bad Wildbad, ma anche a Pesaro.
Ana Victoria Pitts è una Publia piuttosto corretta, mentre meno centrato è il gran Sacerdote di Baurzhan Anderzhanov. Efficaci l’Oraspe di Xiang Xu e il Licinio di Zhiyuan Chen. Buona la prova della Camerata Bach Choir diretto da Ania Michalak.
William Fratti
PHOTOS Ed. Naxos