Review: DIE MEISTERSINGER VON NÜRNBERG al Teatro alla Scala di Milano, direttore M° Daniele Gatti.
By Lukas Franceschini
Milano 5 aprile 2017.
Dopo ventisette anni il Teatro La Scala allestisce l’opera Die Meistersinger von Nürnberg di Richard Wagner, produzione dell’Opernhaus di Zurigo e diretta da Daniele Gatti.
I Maestri hanno avuto una frequenza piuttosto assidua alla Scala, infatti, dalla prima del 1889 (prima esecuzione in Italia) al 1962 si contano ben quattordici edizioni, poi una ripresa nel 1990, infine quella attuale. L’analisi delle stagioni passate fa ben comprendere quanto sia cambiato il repertorio teatrale, e non solo a Milano, la complessa e lunga opera wagneriana oggi in Italia è decisamente poco rappresentata, mentre in Germania è uno dei titoli del repertorio nazionale.
Composta nel periodo 1862-67 ebbe la prima rappresentazione, con esito trionfale, al Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera il 21 giugno 1868, diretta da Hans von Bülow. Era ovviamente presente in sala il mecenate del compositore il re Ludwig II di Baviera.
La vicenda si svolge nel XVI secolo in quella Norimberga, che fu comune imperiale uno dei centri del Rinascimento nordeuropeo. La trama si sviluppa attorno alla corporazione dei Meistersinger, un’associazione realmente esista di poeti e musicisti “dilettanti”, provenienti soprattutto dai ceti artigiani e popolari. Wagner studiò dettagliatamente le regole proprie di composizione ed esecuzione che questi artisti svilupparono all’interno del loro gruppo. Hans Sachs, poeta, ciabattino e protagonista principale, è un personaggio storico realmente esistito, fu il più famoso dei maestri cantori e una delle figure più amate della letteratura tedesca del ‘500. I maestri cantori di Norimberga sono affascinanti per la fedele ricostruzione storica della città e delle tradizioni delle corporazioni. Idealmente essa è il simbolo dello spirito della “sacra arte tedesca”, elemento di coesione nazionale e popolare. Infatti, nelle parole conclusive del poema, si afferma: “Finisca pure in polvere il Sacro Romano Impero, ci resterebbe sempre la sacra Arte tedesca!”. Alcuni musicologi hanno affermato che i Cantori di Norimberga rappresentano il glorioso popolo, prima ancorato alle borghesi tradizioni, poi pronti ad avventurarsi verso una nuova verità ma restando “integri” luterani.
Unica commedia composta da Wagner, in essa riaffiorano alcune caratteristiche tradizionali che il compositore aveva abbandonato nella sua nuova concezione del dramma musicale, in particolare nell’uso dei pezzi d’assieme. Tuttavia, la presenza di monologhi, arie, canzoni, concertati e cori finali, i quali sarebbero affini al grand opéra, trovano qui una concezione drammatica anche se utilizzati in forma diversa. I Leitmotiv, utilizzati brevemente da Wagner in altre opere, nei Maestri si sviluppano in lunghe melodie che possono apparire integrate nello spirito musicale e determina, nello stile wagneriano, un’espansione melodica del leitmotiv stesso.
Lo spettacolo proposto alla Scala era del regista Harry Kupfer, Hans Schavernoch scenografo, Yan Tax costumista, Jurgen Hoffmann light designer e Thomas Reimer ideazione video. Regia molto innovativa e intellettuale, ambientata nel secolo XX subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Ci troviamo in una Norimberga interamente bombardata, infatti, la cattedrale è un rudere con dei grossi ponteggi per la ricostruzione. La chiave di lettura si sviluppa proprio su quest’aspetto, la ricostruzione non solo della città ma della società tedesca, la quale deve uscire dal nazismo, il suo periodo più buio, e lo fa attraverso la propria cultura e tradizione. Un popolo che deve prendere il coraggio di continuare e edificarsi su concetti di società che si erano appannati durante il periodo hitleriano, i valori di una società giusta e corretta ma che trova, pur nel conservatorismo dei Meistersinger anche una luce d’innovazione e novità nella figura quasi cavalleresca del giovane Walter. Sullo sfondo i video non invasivi, in bianco e nero, ci fanno vedere una continua ricostruzione edile della città con gru e palazzi che crescono. Il concetto è molto accattivante e sotto taluni aspetti emozionante, una società che deve e vuole ritrovare il suo senso di appartenenza al mondo moderno. Tuttavia, la regia si muove con molta prudenza senza trovare focalizzazioni particolari sui singoli, ma segue prevalentemente la strada della semplice narrazione, sarebbe potuta essere più sviluppata. Molto bella la scena, la cui cattedrale è poggiata su un praticabile girevole avendo così la possibilità di cambiare in continuazione la scena. I costumi, molto eleganti ci riportano a qual periodo di rinascita non solo tedesco ma europeo, e danno un senso di vintage cinematografico. Eccezionali sia il progetto video sia le luci, meno espressiva la coreografia e gli spostamenti di massa.
Sul podio il Maestro Daniele Gatti ci offre una delle sue migliori prove, a cominciare dalla splendida ouverture, complice un’Orchestra della Scala in forma smagliante. La sua direzione è appassionata e ammirevole, cesellata in ogni nota, seguendo un tracciato narrativo di forte impatto musicale senza mai cadere nel facile solco drammatico ma reggendo perfettamente l’equilibrio della commedia epica, con un peculiare sinfonismo sviluppato in armonie celestiali. Una grandissima prova del direttore.
L’Orchestra lo segue oserei dire con “amore” e grande partecipazione, come anche il Coro, diretto da Bruno Casoni, che trova momenti eccelsi in tutti i suoi interventi.
Nel lungo elenco dei solisti emerge per proprietà d’accento e stile il Pogner di Albert Dohmen, non è da meno l’arrogante Beckmesser di un convincente Markus Werba, e il bravissimo David di Peter Sonn. La recita da me ascoltata era l’unica in cui cantava Michael Kupfer-Radecky, un Hans Sachs molto equilibrato e prudente, che dimostrava ottimo fraseggio e piena capacità di colore anche se la voce era tendenzialmente piccola e penso il personaggio da mettere più a fuoco in futuro.
Piuttosto anonima sia per carisma sia per proprietà vocali la Eva di Jacquelyn Wagner, più incisiva la Magdalene di Anna Lapkovskaja.
Le note più infelici erano per il Walter di Erin Caves, che subentrava a un collega già dalla prima, un tenore poco eroico e con molte lacune tecniche che apparivano al terzo atto perfino imbarazzanti.
Molto uniforme l’ensemble dei Meistersinger che era composto da Iurie Ciobanu (Kunz), Davide Fersini (Konrad), Markus Petsch (Balthasar), Neal Cooper (Ulrich), Stefan Heibach (Augustin), James Platt (Hermann), Dennis Wilgenhof (Schwarz), Milkos Ebestyén (Foltz), ed emergeva il bravo Detlef Roth (Kothner). Impeccabile il guardiano notturno di Wilhelm Schwinghammer.
Molto coesi anche i giovani apprendisti: Oreste Cosimo, Aleksander Rewinski, Jungyun Kim, Jèrémie Schutz, Francesco Castoro, Santiago Sanchez, Omer Kobiljak, Katrin Heles, Alice Hoffmann, Dorothea Spilger, Franziska Weber, Sofiya Almazova, Mereike Jankowsky, molti dei quali erano allievi dell’Accademia del Teatro alla Scala.
Successo pieno e convinto con particolari acclamazioni per il maestro Gatti, da parte dello scarso pubblico, gli assenti hanno perso una rara e preziosa occasione.
© Lukas Franceschini
PHOTOS © BRESCIA e AMISANO