Faust, il capolavoro di Gounod, diretto da Juraj Valčuha, successo al Comunale di Firenze —
Review by William Fratti —
Firenze 3 febbraio 2017
Una delle più celebri opere del repertorio francese, Faust di Charles Gounod, ha avuto pochissime rappresentazioni al Teatro Comunale di Firenze, infatti, prima di questa produzione 2017 si registrano solo altre due allestimenti: nel 1948 in versione italiana e nel 1985 in lingua originale. Il celebre spettacolo di David McVicar prodotto a Londra nel 2004 arriva a Firenze rispondendo positivamente alle numerose aspettative, soprattutto perché di questi tempi è difficile assistere in Italia a spettacoli così grandiosi se non in rare eccezioni.
Nonostante l’allestimento sia molto classico e tradizionale, con le scene imponenti di Charles Edwards e i preziosi costumi di Brigitte Reiffenstuel ripresi da Anna Watkins, resta efficacissimo grazie al minuzioso lavoro di regia che prevede movimenti, gesti, sguardi, anche intere azioni da parte dei numerosi attori – cantanti solisti, cori, danzatori e figuranti speciali – in ogni momento della lunga partitura. Eccellenti le coreografie di Michael Keegan-Dolan riprese da Rachel Poirier che fondono classico e contemporaneo in un amalgama perfetto con la musica di Gounod e la visione di McVicar. Più deboli le luci di Paule Constable riprese da John Percox, apparentemente più orientate alla mera illuminazione che non alla creazione di suggestione.
Ottima la direzione di Juraj Valčuha che sa mantenere sempre molto compatta l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, attento al suono e alla raffinatezza del gusto francese, pur non prediligendo colori passionali – se non in quinto atto – tali da far decollare la recita con grande slancio. Eccellente il Coro preparato da Lorenzo Fratini.
Wookyung Kim è un Faust dotato di bella voce squillante dal colore suadente e timbro luminoso, ma spesso impreciso, con qualche acuto scricchiolante – soprattutto negli attesi “Je t’aime” e in quelli di “Demeure chaste et pure” – e qualche perdita d’appoggio – non solo per il cantante, ma anche per gli archi che lo accompagnano alla fine della celebe aria.
Carmela Remigio ridona finalmente il giusto colore al ruolo di Marguerite, troppo spesso affidato a vocalità leggere che fanno perdere l’accento drammatico in quarto e quinto atto, oltre che nella canzone del “Roi de Thulé”, ma non riesce a brillare come si deve nell’aria dei gioielli.
Paul Gay interpreta un ottimo Méphistophélès, soprattutto per il fraseggio ben rifinito oltreché molto intenso. Il canto è altresì molto corretto anche se si sarebbero preferiti certi acuti più luminosi.
Serban Vasile è un Valentin piuttosto efficacie, molto più a suo agio con le tinte drammatiche di atto quarto che non con il lirismo e la lucentezza necessari a rendere al meglio le pagine del secondo.
Laura Verrecchia è un appropriato Siebel, Gabriella Sborgi una buona Marthe e Karl Huml un adeguato Wagner.
Successo strepitoso per tutti al termine dell’ultima recita in cartellone.
William Fratti
PHOTOS © Simone Donati – Terra Projects- Contrasto – Opera di Firenze