Gospel James Hall & Worship & Praise a Catania

Il concerto di James Hall & Worship & Praise al teatro Bellini

Review by Alfredo Polizzano  © dibartolocritic


Per una sera, il 27 dicembre 2016, il tempio della lirica catanese, il teatro Bellini, si è trasformato in un vero e proprio tempio protestante grazie alle voci Gospel James Hall & Worship &Praise.

Segno evidente che la musica e il canto possono unire popoli diversi, culture differenti e persino fedi spesso in contrasto tra loro, nove voci guidate da un maestro che incarna in tutto e per tutto un perfetto pastore battista degli “Stati del sud”, con il repertorio Gospel, dai canti della liberazione della tradizione dei Negro Spirituals ai più recenti e famosi inni tipicamente natalizi, sono riuscite a far dimenticare all’intero pubblico catanese palchetti, poltrone e velluti per essere immersi in un’unica invocazione gioiosa di libertà.

Questo infatti rappresentano i canti, più che interpretati, vissuti dall’intero coro e dal basso, dalla batteria e dalla tastiera che li accompagnavano: mentre nei teatri e nei salotti di tutta Europa e nelle più importanti città dei nascenti Stati Uniti d’America risuonavano le note di Mozart, Bach, Bellini e, più tardi, Verdi, un intero popolo, straniero in terra straniera, schiavo e oppresso, vittima di indicibili abusi ritrovava una profonda similitudine con quel popolo di cui parlavano i pastori nelle grandi chiese dei bianchi, con quegli ebrei nella terra d’Egitto ai quali Dio per mezzo di un profeta aveva promesso la liberazione e una terra promessa, la stessa Holy Land cantata da una splendida voce da mezzosoprano sul palco del Bellini; e poi l’invocazione a quello Sweet chariot che dopo una intera vita di fatica, a fine giornata, li avrebbe portati a “casa”.

La forza di questi canti è riuscita a tracimare dal palco e trasmettere ancora una volta quella empatia profonda di gioia e riflessione, forza che solo la musica può trasmettere anche a popoli molto lontani per cultura sia nel tempo che nello spazio, condividendo però il significato profondo di quelle parole , spesso sconosciute ai più.

Nel vivo della serata era facile riconoscere sonorità più familiari, perché appartenenti ai canti più famosi grazie a tv e radio, canti usuali del periodo natalizio poiché, secondo la tradizione gospel, quel liberatore, quel nuovo Mosè, si è incarnato non solo per recare conforto e salvezza a popoli resi schiavi ma all’intera umanità; quindi Go, tell it on the mountain! e il celeberrimo Oh happy day when Jesus washed my sins away.

Anche se non proprio sempre perfette le armonizzazioni vocali anche per qualche problema di natura tecnica presto dimenticato: poco importa quando una voce, evidentemente commossa dalle parole di un canto struggente, quasi rischia di spezzarsi. L’imperfezione a cui un pubblico avvezzo alla perfezione lirica non è abituato, diventa la chiave del coinvolgimento intimo: un coro gospel non canta per se stesso o per un pubblico ma per Dio e quando questo riesce ad unire un intero teatro, dalla platea ai palchetti in un’unica invocazione gioiosa e movimentata allora ha assunto il suo scopo. Parafrasando il sermone natalizio di quest’anno della pastora battista di Catania: “Il Messiah di Handel venne giudicato blasfemo, perché eseguito in un luogo non consacrato (un teatro di Dublino) ma il canto è una forma di elevazione dell’anima che non necessita di luoghi consacrati per esprimere tutta la sua forza e bellezza verso Dio”. Il concetto è stato ampiamente dimostrato proprio grazie al Gospel James Hall & Worship &Praise.

Per una notte lo spirito delle chiese protestanti e battiste con la loro celebrazione esuberante, quello delle popolazioni oppresse in cerca della terra promessa, di tutte quelle perone bisognose di serenità e pace e di quelle che, semplicemente, vivono le festività come un momento di riflessione e riposo, in una parola lo spirito Natalizio ha invaso il Teatro Massimo Bellini in una unica, esplosiva espressione di gioia.

Alfredo Polizzano © dibartolocritic

PHOTOS © Giacomo Orlando, AAA.VV.