Rewiew by Natalia Di Bartolo © dibartolocritic —
Chi scrive non ama soffermarsi sulle origini, la storia, le date, le vicissitudini della composizione e quant’altro dell’opera in scena o dei brani eseguiti in un concerto, né tanto meno sulla biografia dell’autore: a tutto questo serve l’apposito libretto di sala, magari integrato da un bel trattato di storia della musica.
Quel che conta in questa sede è, invece, la “critica”, intesa come disamina generale dell’esecuzione ed espressione scritta dell’”impressione d’ascolto” riguardanti la singola rappresentazione.
In questo caso specifico “criticare” il Maestro Gianluigi Gelmetti alla guida dell’orchestra stabile, nella serata d’inaugurazione della Stagione Sinfonica 2016-2017 del Teatro Massimo Bellini di Catania può dirsi un compito assolutamente lineare e facilmente condivisibile. Infatti, nonostante una caviglia infortunata recentemente ben due volte di seguito, il M° Gelmetti, con la semplicità dei grandi, si è scusato ampiamente col pubblico per non poter dirigere in piedi e, da seduto, ha dominato la ben nutrita compagine orchestrale, che docilmente lo ha seguito e assecondato, quasi gli ha obbedito, ma con un senso di gioia nel farlo, diretta da così autorevole Maestro.
La Sinfonia n.1 in Re maggiore “Il Titano” di Gustav Mahler, in programma per l’inaugurazione, è opera lunga e difficile, talmente variegata da passare da momenti intimistici a momenti di voluta, esasperata sonorità. L’intersecarsi dell’azione delle sezioni è fondamentale e il tempismo perfetto serve a non dilatare eccessivamente parti che già di proprio sono volutamente composte con uno scopo quasi provocatorio, che si evidenzia soprattutto nella marcia funebre del terzo movimento, grottesca e quasi beffarda, in cui anche i coloriti vanno curati con estrema attenzione. Del resto, le dinamiche orchestrali sono fondamentali nel Il Titano, come in qualsiasi altra composizione.
Fare propria la temperie compositiva di uno dei capolavori di Mahler e allo stesso tempo eseguirla in maniera filologicamente corretta è dunque compito arduo: il Maestro Gelmetti ha dimostrato, come sempre, un gran polso direttoriale e, nello stesso tempo, una pacata, saggia esperienza, propria dei grandi direttori, abituati a trovarsi per le mani innumerevoli orchestre di più o meno valido spessore.
L’orchestra stabile di Catania è ammirevole, lo è sempre stata. La si è vista nei decenni svecchiarsi, arricchirsi di giovani leve, ma mai snaturarsi. Il suo colore personalissimo, la sua plasmabilità, la capacità di adattamento a partiture improbe nell’arco di poche prove, la correttezza, la professionalità dei suoi componenti, ne fanno il vero fiore all’occhiello del teatro catanese.
Il maestro Gelmetti lo sapeva bene e lo ha anche detto: la sua caviglia dolorante non gli avrebbe mai fatto rinunciare a dirigere “questa” orchestra. E la sua zampata da esperiente leone del podio si è fatta sentire. Il Titano di Mahler, soprattutto nelle sezioni degli ottoni, dei legni e delle percussioni, di fondamentale importanza nel dispiegarsi della variegata partitura, è venuto fuori in tutta la propria profonda e sentita valenza.
Pubblico numeroso a questa inaugurazione e giustamente plaudente: la qualità balza sempre e comunque all’orecchio e di qualità, per fortuna, il teatro di Catania, se affida i propri organici a direttori ed esecutori degni dei propri ruoli, ne ha veramente tanta da donare ad un pubblico colto ed affamato d’arte e di bellezza.
Natalia Di Bartolo © dibartolocritic
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