By © Natalia Di Bartolo -
Giorno 8 luglio 2015 al teatro romano di Volterra, per il XIII Festival internazionale del teatro romano, uno spettacolo appena apparso sulle scene: “Kiron cafè”, da Senofonte, Ovidio e Dante, drammaturgia di Sebastiano Tringali e Aurelio Gatti, il primo anche protagonista sulla scena.
Lo spettatore si chiede all’inizio che strano luogo sia quello che s’illumina sul palco…una sorta di ostello, un luogo non luogo, in uno spazio non spazio, in un tempo non tempo…sospeso, tra la l’esistenza e l’inesistenza. E’ un caffé, il “Kiron Café”, un angolo recondito della memoria, in cui “il confine” tra tempo, spazio, identità dei personaggi, mito, realtà, modernità, globalizzazione s’impone e diventa il vero protagonista.
Lo stesso padrone di casa, all’inizio, quando si accendono le luci del cafè, è privo d’identità….ma è il sogno, confine tra la realtà e l’immaginazione, a dargliene una: è Kirone, il centauro, mezzo uomo e mezzo cavallo, maestro di vita e d’educazione dei personaggi di mezza mitologia greca, colui che chiese a Zeus la grazia per Prometeo e in cambio rinunciò all’immortalità, restituendo all’umanità il potere di scegliere.
Così, Kirone e Prometeo, insieme nel mito e nel “non luogo” del Kiron cafè, ancora insieme sussistono, in un connubio inscindibile: Kirone, proprietario e gestore, che convive eternamente con la propria identità sofferente e Prometeo, spavaldo e amaro, legato al fuoco e dunque, nell’accezione reale del ruolo, cuoco del café. Essi sono i simboli della ribellione che produce quel “salto”, più immaginario che temporale, indispensabile a far rivivere il mito.
Il clima che si respira nel Kiron cafè è tragico, e, a suon di una musica popolare eseguita alla fisarmonica, tendente al ritmo del tango, e della danza. Si danza e si canta, anche, al cafè…Un canto che accompagna lo snodarsi dell’azione e che, a volte, diventa pressante e ripetitivo…come archetipo di linguaggio comune perduto dell’umanità sofferente.
I potenziali avventori del café sono profughi odierni, senza casa, senza patria, senza lavoro, senza cibo. I loro bisogni sono primari e imprescindibili…Quasi dei morti viventi, privi d’identità, apolidi, anonimi, ma con quella familiarità con il dolore che caratterizza tutti i personaggi allievi di Kirone. E’ l’approdare e il sostare nel Kiron cafè, quindi, che conferisce loro un’identità, quella che l’umanità va perdendo al giorno d’oggi, in una globalizzazione caratterizzata dalla predominanza dell’immagine sulla parola.
Forse, riflette lo spettatore, il cafè è anche il luogo dove sostano i personaggi del mito quando rimangono sopiti nella coscienza collettiva, che li dimentica ormai troppo spesso. E’ il luogo dove essi permangono e sopravvivono ai tempi della realtà, pronti a destarsi come da un sonno senza sogni, per restituire verità all’immaginazione, vita al mito.
Un luogo trascendente, dove si trascende, poiché l’identità di ognuno si palesa e trasforma di continuo, dando vita a momenti di tensione drammatica nella metamorfosi da essere umano a personaggio mitologico. Tutto un divenire simbolico, un entrare e uscire da se stessi e dagli altri: Achille, Briseide, i Dioscuri Castore e Polluce, Eracle furente, Arianna, Leda e molti, molti altri, dichiarati e sottintesi, rivivono al sublimarsi di quello che è il “confine” protagonista dello spettacolo: il limite tra il buio e la luce, nell’”attimo fermo”, in cui ciò che è invisibile si può vedere e ciò che è visibile può scomparire. L’attimo in cui Kirone può apparire uomo ma anche cavallo, rimanendo comunque il simbolo della trasformazione della temporalità in eternità.
Su tutti, in scena campeggia la figura della madre, con un bimbo in grembo, simbolo dell’indispensabile perpetuarsi della stirpe umana, senza la cui prosecuzione si estinguerebbe anche il mito.
Siamo tutti viandanti, tutti potenzialmente avventori del Kiron cafè : spettacolo originalissimo e di profonda concezione ideativa e drammaturgica, con uno sguardo alla Cosmogonia, reso ancora più pregevole dalla messa in scena sul palcoscenico millenario del teatro romano di Volterra, Teatro di Pietra fra i “Teatri di Pietra”, esso stesso pregno di tradizione e di mito: da non perdere.
© Natalia Di Bartolo/operaeopera.com
KIRON cafè
coreografia | Aurelio Gatti
regia/drammaturgia | S.Tringali /A.Gatti
musiche | Marcello Fiorini
fonti : Senofonte, Ovidio, Dante
musica originale Marcello Fiorini e della tradizione popolare
con Giuseppe Bersani, Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Gabriella Cassarino, Marta Cirello,
Tiziana D’Angelo, Eugenio Dura, Gipeto, Rosa Merlino,
e Mario Brancaccio – Sebastiano Tringali