By Neco Verbis -
Monaco, 8/02/2015 –
Gaetano Donizetti in trasferta in Germania non è roba da poco…Alla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera, giorno 8 febbraio 2015, ha preso stanza Lucia di Lammermoor.
Con tutti i crismi ci hanno provato i tedeschi a mettere su come si deve un’operona italiana del Bel Canto…Ma hanno dovuto fare i conti con se stessi: questa volta una regia fuori luogo, sia pure non così sconvolgente, l’ha fatta troppo da padrona.
La giovane regista Barbara Wysocka ha pensato bene di ambientare la vicenda, originariamente tutta nebbia scozzese e corruschi lampi romantici, negli anni ’50/’60 del secolo scorso, negli Stati Uniti, poiché, per sua stessa ammissione in intervista “l’era kennediana” era l’ultima posposizione temporale nella quale la vicenda potesse mantenere la propria credibilità.
Ma ci si chiede se sia obbligatorio, ormai, spostare l’orologio dei secoli! Qual è il motivo che debba obbligare a postergarne l’ambientazione? Si lascino Lucia, Edgardo e tutti gli altri alle brume fascinose della brughiera di Scottiana memoria! Significa dare dell’obsoleto al capolavoro e questo nessuno dovrebbe permetterlo nè permetterselo, in nome di niente!
Decisamente fuori tempo e fuori luogo, quindi, sono apparsi una Lucia con scatti da teen ager, un Edgardo in macchinona extra-long, controfigura di James Dean, un fratello Enrico uomo politico e di potere della provincia americana…un Raimondo sacerdote cattolico in clergyman che non si sa bene cosa ci stesse a fare in quel contesto…Possibile che non si comprenda come decada tutto l’insieme della sublime concezione teatrale donizettiana? Insomma, un arbitrio che ha inficiato la natura e le azioni dei protagonisti e perfino la loro resa vocale.
Infatti il Direttore Kirill Petrenko ha dato man forte all’interpretazione registica, rendendo dinamiche assolutamente fredde e impersonali, senza tempo né luogo, senza colore, in una scansione dei tempi da sillabario anche per i cantanti, a volte, sia pur mantenendo il dominio sull’ottima orchestra tedesca. Una specie di quadratura del cerchio, di riduzione a marcetta e poi a corsa verso il finale, che non ha risparmiato di travolgere i momenti più emozionanti dell’opera, passati sanza infamia e sanza lodo.
Sul palcoscenico, una Lucia isterica da rinchiudere, un Enrico fratello padrone in giacca e cravatta, un Edgardo che forse ha ritrovato se stesso solo all’ultimo atto, finalmente facendo sparare sulla scena quella pistola che dall’inizio girava di mano in mano e che, nell’anonimato del silenzio, si suppone avesse ucciso Arturo poco prima.
Eppure Diana Damrau ha una gran bella voce…Sia pure stirata in alcuni momenti, sia pure adottando a volte fiati e cadenze quanto meno “inconsueti”, è andata in crescendo nel corso dell’opera. Avrebbe potuto essere una Lucia di rilievo. Tutta scatti, invece, costretta dalla regia non solo a impugnare la pistola, ma a muoversi da protagonista nella scena della pazzia come una starlette che canta al microfono…
Ma cosa si cerca di scavare in un capolavoro come Lucia? Si dovrebbe cercare la trascendenza, non la ipotetica connotazione politico-sociale! E poi, in nome della filologia del tanto decantato Bel Canto, si fa accompagnare la protagonista (somma raffinatezza contraddittoria!), sempre nella scena della pazzia, dalla glassarmonica, come fosse un evento! Lo è in effetti, ormai è raro ascoltare una Lucia che flauta sulla glassarmonica: lo strumento produce, nella fusione con la voce, suoni arcani, trascendenti…ma in quel contesto di appesantimento registico, con Lucia che straccia l’atto di matrimonio, ne mette in bocca i pezzi e lo sputa via, cosa ci stava a fare la divina glassarmonica voluta dal Donizetti? Anzi, era controproducente: meglio sarebbe stato un buon e ben più moderno flauto traverso.
Insomma: un vero peccato, dato che le voci, sia pure non particolarmente brillanti, di Pavol Breslik, Edgardo al debutto nel ruolo, e di Dalibor Jenis nel ruolo di Enrico Ashton erano di tutto rispetto. Lo stesso dicasi per il Raimondo di Georg Zeppenfeld...mentre Raffaele D’Aguanno, relegato nel ruolo di Arturo, lasciava rimpiangere il legato magnifico del proprio Edgardo al Bellini di Catania nel 2014.
Ovviamente il tutto era contenuto nella scenografia squallida e divelta di Barbara Hanicka, che ricordava moltissimo un’opera d’arte tedesca esposta alla Biennale di Venezia alla fine anni ’90.
La fonte, ambientazione del primo atto, stava dipinta in un quadro poi preso a calci dalla protagonista, Edgardo entrava in auto non si sa bene come né perché dalla porta a vetri, andando perfino a spiaccicarsi sullo sfondo in un incidente che faceva proprio tanto “Gioventù bruciata”.
Costumi di Julia Kornacka adeguati, ovviamente, così come luci di Rainer Casper. Nuova produzione della Bayerische Staatsoper.
Visto che poi, nella scena delle nozze, si è arrivati a far ballare il twist al coro (monocorde) quasi a tempo con l’orchestra, c’è da concludere che la regista dev’essere davvero una tipa di carattere! Onore al merito, allora: questa Lucia a Monaco è tutta una sua creatura.
Neco Verbis
FOTO e VIDEO BAYERISCHE STAATSOPER