2Reviews2: TORVALDO E DORLISKA di Rossini a Pesaro

2Reviews2: TORVALDO E DORLISKA di Rossini a Pesaro La terza opera proposta del Festival pesarese 2017 intitolato a Rossini.

By Lukas Franceschini and William Fratti


Pesaro, 9 agosto 2017 (prova generale).

Anche questo spartito riserva delle peculiarità importanti nella parabola artistica di Gioachino Rossini. Il libretto fu il primo scritto da Cesare Sterbini, autore non famoso al tempo, il quale collaborerà al più celebre Barbiere di Siviglia. L’opera, che un lavoro ragguardevole, appartiene al genere semiserio, o “sentimentale” come si definiva al tempo.che fu praticato dal compositore pesarese in seguito con esiti maggiori in Matilde di Shabran e La gazza ladra. Torvaldo e Dorliska, prima commissione romana per il compositore, fu rappresentata al Teatro Valle nel 1815, con esito non trionfale, e nel cast figuravano tre star come Filippo Galli, Domenico Donzelli e Raniero Remorini, nomi che possono far capire l’impegno previsto per i rispettivi ruoli. L’opera ebbe una discreta circuitazione nella prima metà del XIX secolo, tra gli altri si cimentarono nei ruoli la Colbran, la Malibran e Nozzari. In seguito il perse attrazione poiché il genere semiserio fu accantonato in favore del grande dramma.

Lo spettacolo era quello ideato da Mario Martone (regia), Sergio Tramonti (scene) Ursula Patzak (costumi) e Cesare Accetta (luci) nel 2006 per la prima proposta nell’edizione critica curata da Francesco Paolo Russo. Spettacolo molto riuscito e giustamente riproposto. Martone, assieme al suo solito team, crea un ambiente cavalleresco in un immaginario nord dell’Europa, differenziando il piccolo palcoscenico del Teatro Rossini con un imponente cancello che suddivide l’azione tra il castello del Duca e il bosco retrostante. La regia è molto garbata ma vitale. Dal bosco sovente scompaiono coro e qualche protagonista, gli abitanti del castello sono invece più circoscritti dentro la cancellata. Martone sviluppa uno spettacolo epico, medievale, che contiene i classici temi della guerra, del sopruso, del cattivo, della coppia amorosa alla sua mercé e di alcune figure buffe. Non calca mai la mano nel tratteggiare i personaggi, in particolare Giorgio, custode del castello, è sobrio e non cade nel facile cliché della macchietta, ma anche la giovane Dorliska non è una svenevole figura amorosa, ma una donna forte e combattiva per il suo Torvaldo. Una lettura mirabile, spontanea e d’effetto, nella quale non mancano riferimenti risorgimentali. Bellissimi i costumi della Patzak, e geniale la scena creata da Tramonti, il quale utilizza una passerella che all’occorrenza da fondo si trasforma in una gabbia-prigione per il protagonista maschile.

L’orchestra Sinfonica “G. Rossini” di Pesaro non ha le qualità della Sinfonica della Rai, ma ha avuto modo di mettersi in luce per una solida professionalità e una corretta esecuzione. Merito anche di Francesco Lanzillotta, direttor e maestro concertatore, che guida i musicisti con polso fermo e sostanzialmente un pertinente ritmo. Talvolta abusa in qualche sonorità, scivolando in un artefatto equilibrio che non è peculiarità dell’opera. Tuttavia nel complesso non sono mancati momenti felici, nei quali ha prevalso il racconto “da romanzo d’appendice” e ha equilibrato con efficacia le diverse sfaccettature musicali dell’opera.

La prova del Coro del Teatro della Fortuna “M. Agostini”, istruito da Mirca Rosciani, è stata molto professionale.

Nel complesso molto funzionale il cast, a cominciare dal Duca d’Ordow di Nicola Alaimo che è impegnato in ruolo di ardua difficoltà. Il cantante siciliano offre una prova molto rilevante attraverso uno strumento vocale di prim’ordine disegnando un personaggio convincente e in particolare molto preciso nella difficile prova vocale. Altre caratteristiche sono l’eccellente musicalità, la voce importante, e la scansione ragguardevole degli accenti. Ben realizzata l’aria d’entrata ma ancor più la grande pagina “Indietro. Ah qual voce”, al II atto, nella quale le difficoltà sono superate con spiccato fraseggio e modulazione della voce, anche se il canto d’agilità non sempre è sciolto. Salome Jicia, Dorliska, non vanta un timbro molto seducente e sovente il registro acuto risulta stridulo, la zona grave non è del tutto rifinita, le agilità non particolarmente brillanti. Una prova piuttosto modesta, cui si deve solo apprezzare l’estro interpretativo.

Molto meglio il Torvaldo di Dmitry Korchak, il quale sfodera una linea di canto forbita e sfumata, mezzevoci precise e un registro acuto puntuale, accomunato da una coloratura di tutto rispetto.

Strepitoso Carlo Lepore nel ruolo di Giorgio, che interpretava con un braccio fratturato con fascia al collo. La migliore prova da me ascoltata in teatro dal cantante, il quale è padrone assoluto del fraseggio e della difficile coloratura, la dizione è impeccabile e le sfumature dei colori rilevanti. Inoltre, l’interprete non era secondario al cantante, cui dobbiamo lodare la stilizzata recitazione, divertente e umana che non è trasbordata nel facile stereotipo insopportabile del buffo-clown.

Positive le prove di Raffaella Lupinacci, Carlotta, che ha modo di mettersi in luce nella sua aria di sorbetto eseguita con carisma e fermo registro acuto, e di Filippo Fontana che ha disegnato un preciso Ormondo.

Grande successo al termine.

© Lukas Franceschini


La rarissima Torvaldo e Dorliska è riproposta sul palcoscenico del Teatro Rossini, nel fortunato allestimento di Mario Martone del 2006, per la prima volta nella sua edizione critica, pubblicata soltanto un anno dopo la precedente messinscena dello spettacolo.

Inutile soffermarsi sull’importanza di questo titolo, una delle perle rossiniane appartenenti al genere semiserio, intrisa di momenti tragici, drammatici, romantici, patetici, cui si affiancano il buffo e il grottesco. La regia di Martone è ancora perfettamente efficiente e accattivante, anche se ricca di autoimprestiti, soprattutto nell’utilizzo della platea e della pedana adiacente al golfo mistico, ma fortunatamente in questa occasione non esagera nel concentrarsi sulla sala anziché sul palcoscenico, come avvenuto in altri spettacoli, dunque funziona, spaventa, diverte, racconta una storia. Altrettante note positive valgono per i costumi di Ursula Patzak, le scene di Sergio Tramonti e le luci di Cesare Accetta.

Ottima la direzione di Francesco Lanzillotta, che riesce a far emergere i giusti ed eterogenei caratteri dalla complessa partitura, pur avendo a disposizione l’Orchestra Sinfonica G. Rossini che ancora dimostra di avere ampio spazio di miglioramento in quasi tutta la sezione dei fiati. Eccellente la collaborazione di Gianni Fabbrini, buona la prova del continuo di Anselmo Pelliccioni,discreto il Coro del Teatro della Fortuna M. Agostini guidato da Mirca Rosciani.

Salome Jicia, dopo il successo lo scorso anno ne La donna del lago, qui si presenta nelle vesta di Dorliska e sempre dà sfoggio delle sue abilità tecniche, coi virtuosismi ben sgranati, i legati che abbelliscono e ammorbidiscono i suoni, gli accenti che esprimono disperazione, angoscia, pathos, rassegnazione e romanticismo.

Il bravissimo Dmitry Korchak rende un Torvaldo davvero riuscitissimo, arricchendo di sublimi mezze voci i suoi fraseggi da innamorato, per poi mostrare acuti pieni e svettanti nei momenti di coraggio, il tutto in perfetto stile rossiniano.

Ottimo il Duca di Nicola Alaimo, personaggio difficilissimo e dalle mille sfaccettature, qui reso con opportuna varietà d’intenti ed espressività, senza mai davvero poter capire se si tratta di un personaggio cattivo o sfortunato.

Interpretazione magistrale quella di Carlo Lepore nei panni del custode Giorgio, che inizialmente appare il personaggio goffo e buffo della situazione, poi gentile nel voler aiutare i due poveri innamorati, infine un vero demonio che vuole solo farla pagare a quel tiranno del suo padrone. La voce è sempre sicura e brillante, le limpide note acute fanno da contrappeso alle salde note gravi, le fioriture sempre impeccabili.

Si riconferma ottima Raffaella Lupinacci che qui interpreta Carlotta, sorella di Giorgio. Buona la prova di Filippo Fontana nel ruolo di Ormondo.

© William Fratti


PHOTOS Studio Amati Bacciardi, Pesaro