Review: Jansons e il clarinetto di Ottensamer con i Berliner

Review: Jansons e il clarinetto di Ottensamer con i Berliner Philharmoniker: splendido concerto alla Berliner Philharmonie.

By Natalia Di Bartolo © DiBartolocritic


Rivedere sul podio dei Berliner Philharmoniker il M° Mariss Jansons, anche leggermente ingrassato, dopo averlo visto a e recensito al Musikverhein di Vienna per il concerto di Capodanno 2016 è un piacere e una garanzia di sicurezza: Il concerto del 29 aprile 2017 alla Berliner Philharmonie era in mani sicure ed altrettanto lo sarebbe stato quello europeo a Pafos, nell’isola di Cipro, due giorni dopo.

Il M° Jansons è stato ospite regolare del Berliner Philharmoniker dal 1976, ma in realtà già li aveva diretti cinque anni prima durante il Concorso di direzione d’orchestra, che aveva vinto, del M° Von Karajan e poi negli ultimi vent’anni.

Il M° Mariss Jansons

Recentemente il direttore lettone ha rilasciato un’intervista al Berliner Morgenpost: “Adoro questa orchestra. I musicisti non sono solo strumentisti assolutamente fantastici: sono veramente appassionati. La loro dedizione artistica è incredibile. È una gioia per me ogni volta che faccio musica con l’orchestra di prima classe “.

In effetti, il polso del M° Jansons è invidiabile e i Berliner sono felicissimi di farsi dirigere da lui, preferendolo dichiaratamente ad altri direttori altrettanto blasonati. Ed hanno ragione, perché il M° Jansons è un grande “artigiano” del podio, nel senso più nobile del termine. Ciò che per lui conta, ha dichiarato, è eseguire quello che sta dietro le note, soprattutto in partiture astratte, raggiungendo quello che ha chiamato “piano cosmico”. Tuttavia il Maestro rimane “umano”, non si astrae ed eleva sulla compagine orchestrale, non si pone come un dittatore, ma come un collega e dunque è gradito agli professori, che, così motivati, rendono al meglio.

Per il primo dei due importanti concerti con i Berliner Philharmoniker, Mariss Jansons ha scelto un programma che ha compreso diverse epoche di storia musicale, ma un unico filo conduttore: il clarinetto e la sua preenza in orchestra e come solista.

Questo viaggio nel tempo al seguito del suono dello strumento suddetto, è iniziato con la sinfonia MI minore n.1 Op.39 di Jean Sibelius, in cui il compositore finlandese si è orientato formalmente verso i modelli del genere, ma ha trovato un’inflessione romantica nazionale altamente individuale.

Il primo movimento inizia con uno splendido clarinetto solista e i timpani. Il dialogo tra i due strumenti si allarga serrato poi ai legni e, a seguire, coinvolge tutta l’orchestra.

Pur se sono i legni a condurre il gioco dell’intera sinfonia, il M° Jansons si beava del suono dell’arpa, nonché delle sonorità dei corni e dei flauti, imprimento crescendo e accelerando da manuale. Il Direttore ha fatto anche appello al cuore dei Berliner, a cui questo certo non manca e ha proseguito anche tra pizzicati degli archi e borbottare di legni e percussoni in una tessitura orchestrale volutamente frammentata che arriva anche alle sonorità dei piatti e dei timpani. Archi drammatici ed ottoni concludono la sinfonia, in un pathos in crescendo, in cui si è evidenziata a Berlino una straordinaria brillantezza orchestrale, nitida e sfaccettata, in un afflato finale di ampio respiro sinfonico.

Grande gradimento del pubblico alla fine di questo primo intenso brano orchestrale, che è stato seguito dal Concerto per Clarinetto in FA minore op. 73, che Weber scrisse nel 1811 per Heinrich Joseph Baermann, clarinettista con l’orchestra di corte di Monaco, possessore di un clarinetto di ultimo design, che ispirò il compositore. In questo concerto la musica sviluppa un dramma interiore che deriva il suo potere dalla giustapposizione di figure di virtuosismo e di tranquillità elegiaca.

Il solista per questo concerto è stato Andreas Ottensamer, normalmente primo clarinetto del Berliner Philharmoniker. Il clarinetto di Ottensamer è viennese, come lui, e “parla”. Magnifica la fluidità del suono, insieme alla capacità di sostenere agilità e abbellimenti.

Il clarinettista Andreas Ottensamer

Tuttavia anche l’orchestra ha brillato senza fare da corollario e ad entrambi il M° Jansons ha saputo dare sapienti attacchi. Il concerto è stato caraterizzato dal nitore dell’esecuzione e dalla capacità dell’orchestra di darsi il cambio e interagire col solista, soprattutto nel secondo movimento, Adagio ma non troppo, che inizia con una melodia cantabile, operistica, quasi donizettiana, che fa venire alla mente “Tu che a dio spegasti l’ali” dalla Lucia di Lammermoor..

Il solista è stato accompagnato magnificamente dalle dinamiche dell’orchestra, in cui si sono fusi soprattutto i suoni di archi e fagotti, con un che di donizettiano anche nella melodia dei corni, su cui il clarinetto dell’Ottensamer ha ricamato delicate trine sonore. Sotto la guida del M° Jansons, che non ha mai mollato il solista, ma lo ha supportato con gesto sapiente, il concerto si è concluso con un allegretto dalla melodia brillante, che sembrava quasi la cabaletta del cantabile precedente.

Straordinario, in definitiva, il solista, che ha gestito lo strumento con una naturalezza e un’abilità che hanno rivelato anche il suo interesse e la sua frequentazione per generi musicali più modernmi, con una gestione perfetta dei fiati.

Festeggiatissimo dal pubblico, dall’orchestra e dallo stesso Maestro Jansons, il M° Ottensamer ha ricevuto e ricambiato un omaggio floreale dal suo sostituto in orchestra ed ha concesso un bis di un brano di Bach in assolo virtuosistico.

Tutt’altro clima sonoro e stilistico per il brano finale scelto dal M° Jansons, con l’orchestra rinforzata rispetto al precedente Weber ed il pianoforte tra gli strumenti. Balletto espressionista The Miraculous Mandarin, suite, Sz 73 di Béla Bartók. La suite della pantomima nacque come una ostentata rinuncia all’estetismo dei balletti tradizionali, intesa a riflettere “la repulsività del mondo civilizzato” e come tale è stata resa dall’ottima direzione del Maestro lettone e dai Berliner, più brillanti che mai.

Ovvio riscontro entusiastico alla fine per tutti gli interpreti e per il M° Jansons in particolare, come sempre esempio di modestia e immensa professionalità anche nel porgersi al pubblico per gli applausi.

 

Natalia Di Bartolo © DiBartolocritic

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