Review: DIE ZAUBERFLÖTE al Teatro dell’Opera di Firenze

Review: DIE ZAUBERFLÖTE al Teatro dell’Opera di Firenze, diretto dal M° Roland Böer.

By William Fratti e Renata Fantoni – 


Esprimere diversi pareri riguardo le performance artistiche di questa produzione non è affare semplice, poiché risulta essere tutto molto omogeneo e sulla stessa lunghezza d’onda. E ciò ne è il pregio maggiore, anche se tale compattezza resta ancorata alla media, senza mai sfogarsi in momenti entusiasmanti.

Partendo dall’ambito musicale, a Roland Böer va riconosciuto il valore di una conduzione ben centrata nello stile classico, con buon dialogo tra buca e palcoscenico, pur non essendo particolarmente prodiga di fraseggi e sfumature. Sempre ottimi il suono dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e la prova del Coro guidato da Lorenzo Fratini.

Lo stesso vale per i cantanti solisti: il Tamino di Leonardo Cortellazzi, la Pamina di Anna Gillingham, il Papageno di Christian Senn e il Sarastro di Goran Jurić mostrano un certo gusto mozartiano corredato di una buona linea di canto, ma mai nessuno brilla, riluce o spicca facendo ricordare una particolare pagina dell’opera.

Si nota invece un buon miglioramento nell’uso dell’accento drammatico di Olga Pudova. La sua Regina della Notte è sempre dotata di buona intonazione e sovracuti impeccabili e luminescenti che, con la maturazione vocale di questi anni, sostenuta da una buona preparazione tecnica, si contraddistingue per una zona centrale un poco più vigorosa. Se la cantante riuscirà a proseguire in questa direzione avrà certamente occasione di lasciare un segno con questo difficile personaggio.

Efficaci e ben adeguati al buon livello qualitativo della rappresentazione anche tutti gli altri personaggi: le tre dame di Heera Bae, Cecilia Bernini, Veta Pilipenko; i tre fanciulli dei solisti del Muenchner Knabenchor, la Papagena di Giulia Bolcato, il Monostatos di Marcello Nardis, l’Oratore di Philip Smith, i sacerdoti e armigeri di Cristiano Olivieri e Oliver Puerckhauer.

Lo spettacolo firmato da Damiano Michieletto – con scene di Paolo Fantin, costumi di Carla Teti, luci di Alessandro Carletti e video design di Carmen Zimmermann e Roland Horvath – originariamente prodotto sul palcoscenico de La Fenice di Venezia, toglie gran parte del simbolismo attinente alla magia e alla massoneria per concentrarsi sul vero processo di iniziazione alla vita: la scuola nel periodo dell’adolescenza, la fine del tempo del gioco e delle illusioni e l’inizio dell’età adulta. A tale scopo l’intera vicenda è ambientata in un istituto scolastico e risulta essere tutto estremamente funzionale e filologico. Ciononostante le emozioni che ne derivano sono veramente ridotte ai minimi termini, poiché tale visione, seppur condivisibile, rende tutto molto piatto, quasi bidimensionale, poco eccitante. A Michieletto va comunque riconosciuta una professionalità e un saper fare regia di grande pregio.

 

William Fratti e Renata Fantoni

PHOTOS © SIMONE DONATI – TERRAPROJECT – CONTRASTO