MADAMA BUTTERFLY al Palais de la Monnaie di Bruxelles

MADAMA BUTTERFLY al Palais de la Monnaie di Bruxelles ispirata al teatro tradizionale giapponese

Review by Angelo Rivoli  © dibartolocritic


Fra le opere di ambientazione orientale, la Madama Butterfly forse è quella che meno si presta a voli pindarici di produzioni innovative, o il rischio che si corre di snaturarla dalla proprie radici profondamente puccinane è decisamente grave. Però è anche quella che si presta al richiamo sul palcoscenco di quell’iconografia giapponese che tanto spesso è messa in campo per “modernizzare” l’ambientazione dell’opera.

Si ricorre a proiezioni, a sovrapposizioni, a movimenti scenici, ma forse mai s’era ricorsi all’uso di una bambola al posto della protagonista. O, meglio, la protagonista c’era ed era sul palcoscenico, ma era già un fantasma. E da fantasma riviveva, come in una visione tra il sogno e l’incubo, quella che era stata la propria vicenda umana, rivedendo se stessa nelle fattezze e nei movimenti di una splendida marionetta/burattino a grandezza naturale, ispirata all’antica arte del teatro Bunkaru, nato in Giappone nel XVII secolo.

Questa la particolarissima messa in scena dell’opera pucciniana in scena al Palais de la Monnaie di Bruxelles giorno 8 febbraio 2017, nell’ideazione del danese Kirsten Dehlholm (Hotel Pro Forma).

In realtà raccontare in poche parole lo snodarsi della vicenda sul palcoscenico non è così semplice, perché ogni scena era un quadro a se stante, diverso, colorato, animato dai personaggi in carne ed ossa e da questa marionetta/burattino dalle fattezze e dal costume giapponesi, splendidamente manovrata da tre persone vestite di nero e velate, che veramente la facevano sembrare viva, seguendo i canoni antichi del suddetto Bunkaru.

Il tutto in un’ambientazione essenziale, basata sulle forme lineari, ma anche sulle proiezioni e sulle figure di carta dell’Origami, che venivano idealizzate anch’esse, facendone perfino la famiglia di Cio Cio San, esile, fragile come la carta e come la bambola stessa, che come farfalla, si sollevava da terra in certi movimenti, eterea, come una figura già appartenente ad un altro mondo, richiamando inevitabilmente anche le movenze dei guerrieri volanti dell’iconografia giapponese medievale.

In questo contesto, popolato anche da altri pupazzi, si muovevano i personaggi in carne ed ossa, che cantavano regolarmente le proprie parti, ma con una sorta di distacco dalla bambola stessa. Quasi allontanandosene più che avvicinarsi, simbolicamente alla rovescia.

Il Pinkerton di Marcelo Puente, dalla vocalità non propriamente stentorea e che soffriva di un vibrato in eccesso e di piano dal sostegno insufficiente, era affiancato dallo Sharpless di Aris Argiris, dalla luga chioma e caratterizzato dalla mancanza del braccio destro. Anch’egli provato dalla sorte, dunque, come tutti i personaggi, tra cui quello di Suzuki, impersonato dall’orientale Ning Liang, risaltava più del solito, poiché era la principale interlocutrice della bambola.

Su tutti la vocalità sottile ma dolce e molto delicata del fantasma Butterfly, il soprano Alexia Voulgaridou, che ha cantato con espressione e con intensità a bordo palcoscenico, vestita con lo stesso costume della bambola, ma con i bianchi capelli lunghi che nell’iconografia giapponese caratterizzano i fantasmi femminili.

In effetti non si è calcata la mano più di tanto in questa sorta di richiamo horror, di cui alcuni registi cinematografici giapponesi hanno fatto il prorio vessillo, anche di qualità. E allora, perché non sfruttare di più questa atmosfera così ambigua tra i vivi e i morti? Un’occasione forse mancata, ceduta invece al fascino del colore e delle forme, nonché delle movenze lente e solenni che richiamavano l’elitario e colto teatro del Noh, origine nel XIV secolo del più noto e popolare Kabuki, ma anche altri aspetti del folklore giapponese.

Il M° Roberto Rizzi-Brignoli ha guidato l’orchestra di La Monnaie con una certa sicurezza e buon polso, con dinamiche interessanti e ottima guida agli interpreti.

Insomma, tra teatro del Noh e del Bunkaru e l’Origami, forse un po’ troppa carne al fuoco, sia pure con certo un tocco di eleganza coloristica.

Gradimento del pubblico che affollava la sala belga, e applusi convinti, anche alla bellissima marionetta/burattino, che s’inchinava insieme a tutti gli altri interpreti.

 

Angelo Rivoli  © dibartolocritic

PHOTOS © La Monnaie