Il Misantropo di Molière

Il Misantropo, capolavoro di Molière a Catania —

Review by Alfredo Polizzano —


Quando ci si trova davanti ad un capolavoro classico della letteratura teatrale non si può far altro che trovarsi davanti ad un bivio: metterlo in scena così come è stato scritto, cercando di capire la visione di chi lo ha concepito, o reinterpretarne la visione, rielaborarlo con gli occhi propri della contemporaneità magari cercando di mettere in risalto caratteristiche non immediate ma profondamente radicate nella visione artistica del regista?

Ebbene Nicola Alberto Orofino è stato capace nella riduzione ed adattamento de Il Misantropo di Molière di dare nuova vita a personaggi, sebbene già perfettamente contemporanei e moderni del testo originale, esasperarne i caratteri, le azioni, portarli in una atmosfera “teatrale” lontana dall’eleganza sottile tipica della civiltà della conversazione dei teatri e dei salotti seicenteschi. Ma se l’ipocrisia è il tema motore della celebre commedia di Molière questa può essere tranquillamente trasposta all’interno di un camerino teatrale in cui il protagonista si presenta al pubblico come un giovane dandy annoiato dalla vita che agisce più per distinguersi dagli altri che per principio di schiettezza.

E’, quella in scena dal 15 al 18 dicembre 2016 allo Scenario Pubblico a Catania, una vera e propria rilettura dei personaggi molieriani che posseggono già in sé le caratteristiche che il regista ha ritenuto necessario tirar fuori prepotentemente da ognuno ed ognuna di essi. Costante il dialogo con il pubblico in sala estendendosi perfino a prima dello spettacolo, così come con la cabina di regia per cui il comportamento insopportabile di Alceste rende impossibile l’andamento sereno di una sedicente farsa grottesca attraverso la quale i personaggi vorrebbero, letteralmente, mettere in scena se stessi.

Molto buona la prova del protagonista interpretato da Silvio Laviano, che è riuscito benissimo ad incarnare non più l’idealista legato al principio di sincerità da cui di per sé stesso non può essere che incoerente, piuttosto una figura quasi felliniana, come un borghese sprezzante ed annoiato, come fosse ormai il personaggio decadente di quella Roma grottesca e sfarzosa, ipocrita e idealista descritta da Sorrentino. Caratteristica che lo accomunerà a tutti gli altri personaggi i toni forti, esasperati, dalla dialettica forse troppo veloce ma chiaramente comprensibile nelle intenzioni.

Enrico Sortino, capace di interpretare ben due personaggi ha trovato la chiave giusta per rimanere impresso nella memoria degli spettatori riuscendo ad impersonare un Oronte fortemente caratterizzato con inflessioni orientate ad un certo immaginario specifico facilmente identificabile senza mai per questo risultare sgradevole ma proprio del personaggio cortigiano/parlamentare di “una certa influenza”. Drammatica e iconografica e forse il personaggio più incisivo la sua Arsinoè che prende le posture del teatro di posa e della più novecentesca tradizione commediografa italiana.

La Celimene, interpretata dalla sempre attenta e scrupolosa Egle Doria, ormai una certezza ben riposta di versatilità, abbandona letteralmente i panni della giovane frivola e vezzosa per indossare la sottoveste scarlatta della donna che sa come sfruttare le passioni più animalesche che è capace di scatenare negli uomini in cambio di favori, compreso quello di un sostanzioso contributo economico alla cultura (riferimento non troppo velato alla “prostituzione” della cultura?).

Paolo Toti Guagenti, Roberta Amato e Diego Rifici emergono più che agevolmente nei loro ruoli, condensando i personaggi che ruotano attorno ad Alceste, dividendoli e accorpandoli in un tempo. La timida e discreta Eliante diventa quasi sfacciata, dalla fisicità prorompente e in questo la Amato riesce perfettamente a mitigare forza e grazia senza mai sforare nel volgare. Di impatto e mai di contorno riescono a riempire la scena mai banalmente ma dando sempre ottima prova di impegno pure nelle più brevi battute o i più, apparentemente, inconsapevoli movimenti.

Nel complesso una buona messa in scena in cui gli attori tutti hanno saputo dar più che soddisfacente prova del proprio talento che diventa ottima se vi si assiste preparati magari avendo letto il testo prima di recarsi a teatro per poterne così meglio apprezzare un punto di vista decisamente originale.

Alfredo Polizzano 

PHOTOS © Dino Stornello