Lucia di Lammermoor al Teatro Massimo ‘Bellini’ di Catania, 2013

Review by Natalia Di Bartolo —
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© Giacomo Orlando
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Lucia di Lammermoor, capolavoro donizettiano, non ha bisogno di presentazioni…L’intera opera è un susseguirsi di meraviglie sonore e vocali: metterla in scena è decisamente un atto di coraggio.

A maggior ragione a Catania, in questo momento di gravi difficoltà per il Teatro Massimo Bellini ed i suoi dipendenti: un nuovo allestimento scenico dell’ E.A.R., una prova del fuoco per ciascuno degli artefici.

Funerali simbolici al teatro catanese sul parterre, a platea gremita, in una composta e significativa manifestazione del coro; di rimando, applausi scroscianti di un pubblico che s’immedesima ed immagina anche come possa essere triste il proprio futuro senza la stagione lirica dello splendido teatro catanese. Auspici di positiva risoluzione da parte di tutti, nonché firma di documento di protesta.

Attesa, quindi, fra gli spettatori, sensibilizzati dal grido dei manifestanti: “Il teatro non deve morire!” e dalla dichiarazione accorata del regista Guglielmo Ferro: “Il Teatro è nostro”, da difendere quale “baluardo della nostra civiltà”.

Andata in scena, dunque, questa sofferta Lucia, il 3 dicembre 2013, preceduta qualche giorno prima dalla colta ed interessante presentazione dell’Opera da parte del musicologo Giuseppe Montemagno, alla presenza degli interpreti e del Direttore, nel foyer del teatro.

Interessante e ben coordinata la regia del Ferro, che vedeva un assoluto rarefarsi degli orpelli ottocenteschi, con azione e personaggi volutamente riportati alla crudezza tempestosa del primo romanticismo. Suggestive le scene, dotate di proiezioni in obliquo, e gli effetti di Stefano Pace, che hanno contribuito a conferire alla produzione quell’atmosfera romantica puramente scottiana scelta dal regista come chiave di lettura anche filologica, che al romanzo del grande scrittore inglese, a cui è ispirato il libretto di Salvatore Cammarano, intendeva proprio rifarsi. Il tutto ben supportato dalle luci di Bruno Ciulli e dai costumi di Françoise Raybaud , severi ed adatti al clima di “Sturm und Drang” evocato dalla messa in scena.

Alla guida dell’orchestra del Teatro Massimo Bellini, che ha dimostrato come sempre doti di altissimo livello, il Maestro concertatore e direttore Emmanuel Plasson, che ha portato una ventata di classe d’oltralpe alla Lucia in italiano, avendola già diretta anche nella versione in francese. Doti di leggerezza e di stile che ricordano la bacchetta dell’illustre padre Michel e che fanno di lui un giovane Direttore già assolutamente autorevole ed esperto, con un gusto spiccato perL’Opéra Français ed un bagaglio da questa proveniente che si misura anche, però, con doti di ottima resa sonora dell’Opera del repertorio italiano, nella completa padronanza della guida della compagine orchestrale.

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Nella parte di Lucia, il soprano Rosanna Savoia ha dato voce dolente e sentita ad un personaggio che necessita d’introspezione e, contemporanenamente di assoluta padronanza vocale, data la presenza di momenti di improba difficoltà…fra tutte, la celeberrima scena della pazzia, in duetto col flauto solista. Vocalmente gradevole e interpretativamente delicata, la Savoia ha dato vita ad una Lucia volutamente un po’ smarrita fin dall’inizio dell’Opera, dotata di corretta esecuzione e presenza scenica.

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Il tenore Alessandro Liberatore,  nei panni di Edgardo,  sia pure colpito da un’improvvisa indisposizione che ne ha compromesso la resa vocale, ha portato a termine ugualmente la recita.

Debutto nella parte di Enrico per il l’ottimo Piero Terranova, baritono dagli accenti morbidi, ma anche robusti ed imperiosi, che ha sottolineato con adeguata interpretazione il carattere del fratello di Lucia, imponendosi per qualità vocale e resa sonora.

Sentito il Raimondo di Francesco Palmieri; corretti e gradevoli anche Loredana Rita Amegna, Alisa, Giuseppe Costanzo, Lord Arturo, e Salvatore D’Agata, Normanno.

Da sottolineare la prestazione del Coro del Teatro Massimo Bellini, sotto la guida di Tiziana Carlini: consueta professionalità di belle voci.

Rimarchevole,  nel secondo cast, la presenza del tenore Emanuele D’Aguanno nei panni di Edgardo, che, debuttando nel ruolo, ha dato voce, nella serata del 7 dicembre 2013, sotto l’autorevole direzione del M° Leonardo Catalanotto, ad un eroe romantico giovane ed espressivo, pieno d’impeto e di passione, con una linea di canto ed un legato davvero notevoli e mille promesse vocali per il futuro, che auspichiamo lo portino verso traguardi di tutto rispetto, magari volgendosi anche al repertorio francese per il quale appare già tecnicamente portato.

Pubblico plaudente e soddisfatto, che auspica e attende adesso positive notizie per il proprio amatissimo teatro e la ventura stagione Lirica 2014-2015.

©Natalia Di Bartolo

 

PHOTO © GIACOMO ORLANDO