COPPELIA di Delibes al Teatro Massimo Bellini di Catania

In tempi di crisi sotto ogni aspetto, i grandi Classici sono un terreno pericoloso da calpestare…E’ come fare il passo più lungo della gamba…E, a proposito di passi, se ne sono visti proprio tanti al Teatro Massimo Bellini giorno 11 novembre 2014, nella messa in scena di uno dei capolavori del Balletto: Coppelia, di Léo Delibes.

Tanti di quei passi, studiati, ristudiati, provati, riprovati: onore al merito e alla fatica…ma…c’ è purtroppo sempre un ma, sul quale il pubblico della serata delle prime a Catania, affamato di spettacolo, è parso passare sopra: non è lecito fare passi falsi, in particolare nel Balletto…e, purtroppo in questa prima catanese se ne sono visti diversi.

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Coppelia non è uno zuccherino: lo appare soltanto. E’ lunga, difficile, deve essere divertente e nello stesso tempo tecnicamente impeccabile; catturare lo spettatore con la sua storia un po’ noir, sia dal punto di vista dell’ascolto della splendida musica, che soprattutto da quello visivo della danza; vantare danzatrici e danzatori di fila in perfetta sincronia e capaci di caratterizzazione. Per non parlare, ovviamente, dei protagonisti: sempre impeccabili, d’alta scuola e di alta classe personale. E nello stesso tempo avere un direttore dalla bacchetta lieve e brillante, dinamiche alla “francese”, gusto dei chiaroscuri e capacità di esaltare i motivi popolari che sono sottesi continuamente nella partitura.

Ma, per cominciare a commentare la prima catanese, se da una parte, l’orchestra del Massimo teatro etneo ha suonato con grande correttezza e professionalità, dall’altra, guidata con piattezza dal M° Stefano Salvatori, ha trasmesso un senso di routine, ha spesso lanciato sonorità che potevano vantare ben poche sfumature.

Dall’altra parte, sul palcoscenico, i danzatori della Compagnia Balletto Classico di Liliana Cosi e Marinel Stefanescu. Due nomi, due garanzie…ma come prima si accennava, i tempi sono duri…In scena ballerini e ballerine volenterosi, ma nulla di brillante, niente di coinvolgente, sia nella tecnica che nell’espressione.

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La coreografia di Stefanescu, che firmava anche costumi e luci, a ben considerare, poi, non ha aiutato nessuno: né i danzatori, né lo snodarsi del racconto che, subendo anche non pochi tagli, ha risentito di un confondersi di ruoli e situazioni che avrebbero potuto e dovuto essere più chiare.

Passi a due lenti, un po’ piatti, poche prese, pochi assolo e privi di passi e figure che denotassero particolari difficoltà e necessitasserro di virtusismo alcuno. Non che sia indispensabile, ma in grandi Balletti come questo, ci se lo aspetta…inevitabilmente. Danzatrici di fila poco coordinate, solo qualche momento di vera sintonia nel gruppo.

Quanto ai protagonisti, imprecisione e qualche approssimazione nelle attitudes da parte di Bianca Assad, che mancava di convinzione anche interpretativa nell’affrontare la parte di Swanilda; più salda professionalità da parte di Rezart Stafa, Franz, che però non vantava una particolare elevazione. Gradevoli, ma niente più la bambola Coppelia, Martina Fassari, e il suo mago-creatore dottor Coppelius, Alexandr Serov. In generale, si è visto molto poco eseguito en l’air…si sono solo intravisti i fouettés…

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A questo punto, che dire? Nuovamente ribadire: attenti ai Classici! O i confronti della memoria, che trapelano anche dal passato del medesimo palco, finiscono per travolgere gli interpreti del momento. Non fa bene a nessuno: né agli spettatori, né ai protagonisti, dei quali, comunque, va nuovamente sottolineato l’impegno complessivo nell’improba impresa loro affidata.

Mediamente soddisfatto comunque il pubblico catanese, che ha gradito una serata diversa sull’onda di una musica e di una trama in ogni caso decisamente gradevoli.

Natalia Di Bartolo

Foto di Giacomo Orlando